e Confindustria scoprì la natura

Coreografia delle grandi occasioni ieri, a Palermo, al Teatro Politeama per presentare la manifestazione “Per cambiare Palermo basta un giorno”. Un’iniziativa di Confindustria volta a presentare il master plan che dovrebbe cambiare il volto della città nei prossimi anni.

Ancora una volta surclassata da altri attori, la politica, per quanto doverosamente in prima fila, è stata chiamata ad ascoltare disciplinatamente una lezione su quello che globalmente intende presentarsi come una nuova chiave di lettura del territorio. Se negli anni ‘90 i leit motive furono la rinascita del Centro storico della città come motore di sviluppo e Barcellona come modello, Confindustria Palermo e il suo presidente, Alessandro Albanese, sposano oggi il tema della natura e ne affidano il canto agli architetti Gianluca Peluffo e Alfonso Femia dello Studio 5 + 1AA di Genova, due professionisti che hanno lavorato ad un analogo progetto per Marsiglia.

Effetti speciali, atmosfera glamour e grande affluenza di pubblico per uno dei pochi eventi progettuali in una città stremata dalla crisi e che si attarda ancora più sulle candidature per le prossime elezioni comunali (poche) che sui programmi, aspettando Godot… Assistiti dalla proiezione di immagini tridimensionali, i due professionisti hanno parlato di Cardo e di Decumano (gli assi classici dello storico impianto urbano) di “bordi” e di “trasversalità”, individuando sette principali interventi strategici in altrettante aree urbane da considerare quali detonatori di sviluppo sociale ed economico.

Il nuovo stadio di calcio, la congressistica in zona Fiera del Mediterraneo/Caserma Cascino, un museo nel carcere dell’Ucciardone, l’Urban Center al Politeama, un grande Acquario al mercato ittico, il verde della Zisa e di Piazzale Einstein. Su tutto, il nuovo paradigma della natura quale “anima della città”. Uno sforzo progettuale rispettabile che riflette, però, una lettura forse un po’ frettolosa dell’immenso materiale che nel passato è stato prodotto in occasione della variante generale del Prg (Piano regolatore generale, adottata nel 1997 dal consiglio comunale.

La complessità dell’esposizione è stata alleggerita da Alessandro Cecchi Paone, si proprio lui, in veste di animatore e soprattutto di “traduttore” in termini più popolari dei contenuti progettuali. Cecchi Paone si è guadagnato la gratitudine di numerosi giovani convenuti nel loggione, non facendosi mancare applausi scroscianti. Il Piero Angela minor della televisione ha voluto regalare, a mo’ di esempio, un tour virtuale di Helsinki, Copenhagen, Shangai e Melbourne, lasciando immaginare che forse un giorno l’Oreto scorrerà limpido lungo i bordi di Piazza Pretoria.

Così ben “riscaldati”, gli spettatori hanno accolto con clamori calcistici il vero evento protagonista della mattinata: la presentazione del progetto del nuovo Stadio “Conca d’Oro” di Maurizio Zamparini. Accompagnata dalle note imponenti di “Così parlò Zarathustra” di Richard Strass sparate a tutto volume, ecco il cuore della nuova Palermo, il Super Stadio delle mille speranze, il monumento all’uomo del sogno palermitano, l’unico finora veramente condiviso oltre ogni appartenenza di politica, sesso, razza, religione. Come si dice in questi casi, “è venuto giù il teatro” tra applausi, olà, cori e l’inevitabile bis del brano straussiano. Da far tremare le vene e i polsi.

Poi lì sul palco, eccolo, con il volto segnato dall’intensa attività strategica, l’unico portatore di speranza per Palermo. Parole secche, quelle di Zamparini. Periodi brevi, grinta da montanaro udinese per l’invettiva contro la burocrazia, vero nemico di tutti gli imprenditori. Cenni di assenso dei politici presenti e l’immancabile promessa di corsie privilegiate per il nuovo sogno palermitano.

Più misurata e concreta la tavola rotonda conclusiva moderata con il consueto stile, tra il rassegnato e il sarcastico, da Felice Cavallaro e partecipata da esponenti dell’economia, della società civile, della cultura, delle forze sociali. Da Piero Cirrito del Credito Siciliano a Maurizio Carta, nella veste di giovane e promettente pro rettore, da Roberto Helg all’architetto Crespi, figlio della più nota Giulia e neo cittadino d’adozione di Palermo, dal presidente del Cerisdi, Elio Cardinale, a Francesco Paolo La Mantia, “mente” del Board Strategico di Confindustria.

Percepita l’assenza nel dibattito del Magnifico Rettore, Roberto La Galla, diligentemente in prima fila durante la presentazione, ma defilatosi subito dopo, insieme alla maggior parte degli esponenti istituzionali (Francesco Musotto, capogruppo dell’Mpa all’Ars, rimarrà sino alla fine a stringere mani nella piazza) lasciando a rappresentarlo un prudente ed a tratti imbarazzato Ennio Cardona. Motivi di opportunità?

Poche battute per ciascuno in cambio di una generale, cortese, approvazione del progetto presentato e del ringraziamento all’associazione degli imprenditori per aver offerto un’occasione concreta di dibattito su idee, così tanto assenti in città.

Insomma, una via di mezzo tra la kermesse e il brain storming, con la consueta accoglienza che Palermo riserva, da città ospitale, a tutti coloro che vengono a spiegarle, da fuori, chi è e come dovrebbe essere. Ieri la furia ideologica di Pier Luigi Cervellati, oggi la felpata analisi di Peluffo e Femia, domani chissà.

Fuori dal Teatro, in una delle splendide mattine di sole che Palermo ama regalare in novembre, i capannelli, i commenti, i distinguo, tra interesse (cauto) perplessità, qualche sarcasmo tutto nostrano, inevitabile, logora battuta sul “libro dei sogni”, tanto cara a chi preferisce la palude all’ “alto mare aperto”.

Tra strette di mano, vasate di rito e decine di “come stai ?”, abbiamo provato a raccogliere alcuni commenti che riportiamo con l’imperizia di chi non fa il cronista di professione..

Per Giuseppe Barbera, docente di Colture Arboree alla Facoltà di Agraria di Palermo e tra gli intellettuali più impegnati nella salvaguardia del territorio, “la natura non si presta più, in tempi di crisi ambientale ed energetica ancor più drammatica (ricordiamocene ogni tanto) di quella economica che dalle prime deriva, né a show né a grandi opere. E questo vale soprattutto a Palermo dove, in una città prossima al collasso ecologico, è ridotta al lumicino. Servono, certamente, grandi idee e creatività, ma queste dovrebbero applicarsi a tante piccole opere. Come si diceva una volta: piccolo è bello. Il tema, per Palermo – prosegue Barbera – sarebbe ricucire e connettere i propri margini con la campagna e gli ambienti naturali, risanare il mare e le coste, rendere vivibili le periferie. La natura a Palermo è ciò che rimane dei suoi giardini storici, degli agrumeti “paradisiaci” della Conca d’oro, delle sue aree naturali. Non capiamo, francamente, poi che c’entri un nuovo stadio. Quello che abbiamo, risale a solo vent’anni fa, ed è mediamente semi vuoto. L’ultimo centro commerciale abbiamo letto che si chiamerà Conca d’oro. Pensavamo bastasse a celebrare, chiudendola, la storia di un territorio che è stato, dicono gli storici, di antico e mitico predominio dell’albero. Ma così evidentemente non è.”

Piero Cirrito, vice direttore generale del Credito Siciliano e tra i partecipanti alla tavola rotonda. Dice: “E’ da elogiare lo sforzo progettuale che Confindustria ha sollecitato e proposto all’insegna della trasparenza di un disegno portato all’attenzione della città e che potrebbe generare, accanto alle grandi opere presentate, tante opportunità per centinaia di giovani che ormai hanno compreso il cambio di passo degli orizzonti occupazionali dal lavoro dipendente all’imprenditoria micro e mini. Se la visione strategica proposta divenisse una scelta condivisa dalla città, ci sarebbe spazio per molte iniziative cui le banche non tarderebbero a venire incontro nella rinnovata missione da ‘bancari’, con l’occhio alle garanzie patrimoniali, a ‘banchieri’ delle idee buone e concrete”.

Franco Miceli, architetto e già componente della commissione Urbanistica del Comune di Palermo all’epoca della variante generale, si confronta con Leonardo D’Arrigo, già iperattivo presidente della stessa commissione consiliare, ed insieme ragionano su ciò che sarebbe potuto essere e che non è stato.

Sullo sfondo la città, un po’ distratta e rassegnata, si offre allo sguardo severo del ‘Genio’ di Palermo che campeggia sulle gigantografie: un serpente morde il cuore della divinità marina e sulle labbra marmoree brucia, impietoso, il monito di sempre: Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit.

Basterà il più grande Acquario del Mediterraneo a fargli cambiare idea?

 


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