Lo smonteranno pezzo dopo pezzo. Semplicemente, con il passare dei giorni, del Palazzo delle Poste di viale Africa non rimarrà più niente. Uno spazio vuoto al posto del quale sorgerà la Cittadella giudiziaria tanto sognata da magistrati e avvocati. Stamattina è cominciato tutto. I mezzi meccanici sono arrivati in piazzale Rocco Chinnici (già piazzale Asia) e hanno buttato giù le prime travi. Un momento simbolico per assistere al quale, però, c’erano tutti: il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, il sindaco di Catania Salvo Pogliese, il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Meliadò, l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone e perfino l’arcivescovo Salvatore Gristina.
Una sfilata di autorità per un progetto che, in realtà, viene da lontano e per il quale molto aveva lavorato anche la passata amministrazione comunale, quella guidata dal sindaco Enzo Bianco. «La prima opera pubblica importante che si vede da tanto tempo», la definisce Meliadò. I passaggi burocratici, del resto, sono lunghi e complessi. La prima volta che se n’è parlato era il 1999 e il ministero della Giustizia si era detto intenzionato a farci la nuova sede per tutti gli uffici annessi al tribunale. Una rivoluzione che avrebbe cambiato il volto sia di piazza Verga sia del viale Africa. Da allora, l’abbandono. E, nel 2011, lo sgombero di tutte le persone che avevano trasformato l’edificio pericolante in un alloggio di fortuna.
L’accelerazione è arrivata nel 2016. La Regione Siciliana ha messo sul piatto 40 milioni di euro, il Comune di Catania, il ministero e l’Agenzia del demanio hanno firmato un protocollo d’intesa per rimettere in moto l’iter. Rallentato per via di una questione di titolarità del bene. Nel 2018 lo stanziamento regionale è diventato ufficiale e il progetto è ripartito. Nelle mani del Genio civile è arrivata la prima relazione sullo stato di salute dell’edificio: irrimediabilmente corroso dall’acqua di mare, dicevano gli ingegneri, è più economico abbatterlo e ricostruirlo. Da lì, prima l’annuncio di un concorso di idee per la progettazione del futuro edificio e poi l’aggiudicazione della gara per l’abbattimento (che costerà poco meno di due milioni di euro).
«Realizzare un nuovo Palazzo di Giustizia non è realizzare un condominio qualsiasi», afferma Giuseppe Meliadò mentre le ruspe meccaniche si preparano a entrare in azione. «Quando si progetta un edificio di questo genere, si deve avere un’idea di come si amministra la giustizia nella società contemporanea – continua il magistrato – Ogni tribunale ha rappresentato l’idea che le persone hanno di come la si amministra». Dunque ben venga il concorso di idee, «scelta lungimirante», la definisce Meliadò. Senza risparmiare, però, una stoccata alla politica. Se così non può essere con i procedimenti giudiziari, almeno «le opere pubbliche devono avere tempi certi e devono rispondere a esigenze di celerità». La nuova Cittadella dovrà farsi «entro pochi anni», per dare al tribunale «un luogo degno dove esercitare il suo ruolo».
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