Il 27 aprile partirà il processo per Giuseppe Sallemi e Luciano Giammellaro. I due, custode il primo e pensionato il secondo, sono accusati di essere i responsabili della morte di Massimo Casella e Agatino Saraniti e del ferimento di Gregorio Signorelli
Duplice omicidio Piana, rinviati a giudizio i due custodi Fondamentale la ricostruzione dell’unico sopravvissuto
Sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le indagini preliminari Francesco Alligo il custode 42enne Giuseppe Sallemi e il pensionato 71enne Luciano Giammellaro. Partirà il 27 aprile il processo davanti alla corte d’Assise di Siracusa che vede alla sbarra i due che sono accusati di essere gli autori del duplice omicidio e del tentato omicidio avvenuti la notte tra il 9 e il 10 febbraio del 2020 in contrada Xirumi, nella zona della Piana, a cavallo tra le province di Catania e Siracusa. A perdere la vita furono il 47enne Massimo Casella e il 18enne – figlio della sua compagna – Agatino Saraniti. Unico sopravvissuto e testimone chiave dell’inchiesta è il 36enne Gregorio Signorelli che è anche indagato nel procedimento collegato per il tentativo di furto di arance di quella notte.
L’impianto accusatorio presentato dal pubblico ministero Andrea Palmieri si basa soprattutto sulle sue dichiarazioni. Già mentre si trovava all’ospedale Garibaldi centro di Catania, gravemente ferito dai colpi d’arma da fuoco, era stato Signorelli a ricostruire quanto accaduto quella notte nella vasta scena del crimine. «Erano in tre – aveva raccontato il sopravvissuto a MeridioNews – sono arrivati tutti insieme con due macchine e i due scesi dalla jeep erano già armati». Loro, invece, erano tutti e tre disarmati. Una versione che Signorelli ha poi ribadito anche durante l‘incidente probatorio. La terza persona di cui ha parlato il sopravvissuto è un uomo più giovane, individuato nel figlio dell’anziano guardiano (non indagato) che «avrebbe assistito ai primi momenti ma sarebbe poi andato via senza prenderne parte».
Dopo essere stato arrestato, Sallemi (attualmente detenuto nella casa circondariale di Piazza Armerina e che non ha partecipato all’udienza preliminare di ieri) aveva confessato di avere agito da solo e per legittima difesa. Una versione smontata dai risultati dell’autopsia che lui stesso, in seguito, avrebbe parzialmente ritrattato. Giammellaro (che si trova, al momento, detenuto nella casa circondariale di Agrigento e che ieri era presente in aula), invece, continua a professarsi innocente. Per il sostituto procuratore, a spingere i due a imbracciare il fucile calibro 12 (portato illegalmente in quel luogo perché Sallemi aveva il porto d’armi solo per andare a caccia) caricato a pallini e a esplodere diversi colpi, anche a distanza ravvicinata, sarebbe stato un «risentimento per l’azione predatoria ai danni del fondo agrumicolo», si legge nei documenti. Un movente che è stato ritenuto sproporzionato all’azione per cui sussiste l’aggravante dei futili motivi. Per la morte di Saraniti, inoltre, viene contestata anche l’aggravante della crudeltà per l’ultimo colpo sparato a contatto.