Dubbi sul ridimensionamento del Commissario dello Stato I tre cambiamenti che la Regione dovrebbe attuare

da Franco Piro
riceviamo e pubblichiamo una riflessione sulla sentenza della Corte Costituzionale che abolisce il Commissario dello Stato (ve ne abbiamo dato notizia qui)

La recentissima sentenza 255/2014 della Corte Costituzionale, come da noi da tempo previsto, ha dichiarato non più applicabili gli articoli 27, 28, 29 e 30 dello Statuto speciale. Gli articoli 27 e 30, in realtà, non erano più applicabili da molti decenni, mentre gli articoli 28 e 29 prevedevano che il Commissario dello Stato potesse impugnare le delibere legislative approvate dall’Ars preventivamente alla loro promulgazione e pubblicazione, disciplinando anche i tempi dell’impugnativa, della pronuncia della Corte Costituzionale, nonché la facoltà del Presidente della Regione di procedere comunque alla pubblicazione trascorsi i termini ivi previsti.

A seguito della sentenza della Corte il sistema di impugnazione delle leggi regionali siciliane diventa identico a quello di tutte le altre regioni: è il Governo nazionale che può impugnare leggi entro 60 giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.

Scompare così un altro degli istituti pensati dai Padri dello Statuto siciliano per esaltare e dare significato alla Autonomia speciale.

Preoccupa soprattutto che tutto questo sia avvenuto dentro un quadro che si orienta sempre più verso una progressiva omologazione delle autonomie speciali a quelle ordinarie e verso una compressione dei poteri delle Regioni nel nostro Paese.

Preoccupa, altresì, che tutto questo sia avvenuto con l’assordante e complice silenzio del Governo della Regione, che non si è neppure costituito nel procedimento e dell’Assemblea regionale siciliana, che non ha trovato neanche il modo di pronunciarsi.

Sappiamo che il ruolo del Commissario dello Stato, nel tempo ed ancor più recentemente, è stato visto come troppo invasivo e lesivo delle prerogative dell’Assemblea e – quindi – delle forze politiche nel decidere le leggi regionali. Sappiamo anche, tuttavia, che il Commissario dello Stato è stato un comodo pretesto per i deputati per approvare norme inqualificabili con la certezza che esse sarebbero state impugnate, senza così provocare danni.

Alcuni commentatori – e tra questi costituzionalisti che vanno per la maggiore – ritengono che finalmente sia arrivato il tempo della maturità per l’Assemblea regionale siciliana e per i suoi deputati. Sarà vero. Ci pare però discutibile che l’Autonomia regionale sia da considerare più ampia per il fatto che le sue leggi non possano venire impugnate preventivamente da un organo tecnico (anche se di nomina governativa), quanto direttamente e successivamente dal Governo nazionale. 

Si dà il via, in pratica, alla contrattazione politica: le leggi saranno impugnate non sulla base di considerazioni legate alla loro effettiva coerenza con le norme costituzionali, bensì sulla base dei rapporti di forza e delle reciproche convenienze. Così potrà anche accadere che un Governo nazionale amico di quello regionale non impugni leggi palesemente incostituzionali, ed al contrario un Governo ostile impugni leggi del tutto coerenti.

Al di là di queste considerazioni, resta il fatto che aumenta in modo esponenziale la responsabilità del Governo e dei deputati regionali nel produrre leggi adeguate. Per far sì che ciò avvenga è nostra opinione che non sia sufficiente lanciare appelli, ma invece sia necessario assumere iniziative e operare alcuni importanti cambiamenti.

Ne segnaliamo tre.

1) L’Assemblea regionale è chiamata dalla riforma costituzionale del 2001 ad adeguare lo Statuto speciale ad alcune importanti innovazioni e tra queste proprio quella che riguarda l’impugnativa delle leggi. Cosa aspetta l’Ars ad avviare un serio e ragionato iter di riforma dello Statuto?

2) Il Commissario dello Stato non scompare, ma sopravvive con funzioni più limitate. Nella riforma dello Statuto si potrebbe proporre che in Sicilia sia esso a proporre al Governo nazionale di impugnare una legge regionale dopo la sua approvazione, insieme alla novità che il Commissario venga nominato d’intesa tra Roma e Palermo.

3) Deve crescere fortemente la qualità delle leggi che vengono prodotte dall’Assemblea. Innanzitutto per quanto riguarda le quantificazioni delle spese e l’indicazione dei mezzi di copertura finanziaria, alla luce del rinnovato articolo 81 della Costituzione e dei vincoli europei. Ora, come anche ha rilevato la Corte dei Conti, oltre la metà delle leggi approvate dall’Ars non hanno la relazione tecnica di accompagnamento, nonostante essa sia obbligatoria e prevista sia da legge regionale che dal regolamento dell’Ars, contribuendo così ad ampliare il deficit strutturale del bilancio.

Occorre, a questo punto, non solo rispettare puntualmente le norme, ma potenziare gli uffici: l’ufficio di bilancio dell’Ars, ma soprattutto la Ragioneria generale della Regione, che deve essere chiamata, come avviene nello Stato, a certificare le quantificazioni di entrata e di spesa e le relative coperture (la cosiddetta “bollinatura”). E’ evidente che questo ruolo la Ragioneria generale lo può assolvere se e in quanto dotata di adeguate professionalità e procedure, con un ruolo autonomo rispetto anche agli altri dipartimenti ed in specie a quelli che fanno capo all’assessorato Bilancio. Non può esistere, cioè, la presenza di due ruoli – uno di proposta, l’altro di controllo della proposta – in testa allo stesso ufficio ed allo stesso dirigente.

Altre fondamentali innovazioni dovrebbero riguardare l’Ars. Essa non ha mai regolamentato, come pure è nei due rami del Parlamento, i rapporti con la Corte dei Conti. Sarebbe ora di farlo per il contributo fondamentale che essa può dare.

L’Ars ha poi istituito da qualche anno il Comitato per la qualità della legislazione. Esso non può rimanere confinato nell’alveo dell’orpello. Il suo controllo deve diventare più penetrante ed essere esteso alla coerenza delle norme regionali con il dettato costituzionale. Qui potrebbe essere prevista la possibilità che venga richiesto l’ausilio tecnico del Commissariato dello Stato che, nei decenni, ha accumulato esperienza e professionalità che potrebbero essere ancora utili alla Sicilia.  


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