Mentre a Roma la Corte costituzionale valuta i profili di illegittimità della legge Fini-Giovanardi, a Catania un gruppo di ragazzi appartenenti ad associazioni studentesche e ai Giovani democratici organizzano un banchetto informativo per sensibilizzare i cittadini al tema. «Anche se non è in corso una vera petizione popolare», spiegano. Diverse le reazioni dei catanesi secondo le età, uniti solo dalla convinzione della necessità di contrastare la criminalità organizzata
Droghe leggere, raccolta firme simbolica I cittadini: «Un affare da sottrarre alle mafie»
In piazza con banchetti informativi e una petizione da firmare con lo scopo di sensibilizzare i cittadini sul tema della legalizzazione delle droghe leggere. Si tratta di un evento organizzato in tutta Italia dalla Federazione degli studenti – che unisce soprattutto studenti medi -, dalla Run – Rete universitaria nazionale – e dai Giovani Democratici. Tante le firme raccolte, anche se tutto, come spiegano in piazza Stesicoro gli studenti catanesi, viene fatto «solo simbolicamente perché non è in corso una vera petizione popolare».
L’occasione è la decisione che la Corte costituzionale dovrà prendere riguardo alla legittimità della legge Fini-Giovanardi sulla penalizzazione delle droghe in Italia, che nel 2006 ha cancellato la differenza tra le droghe leggere e quelle pesanti. A Catania l’appuntamento per discuterne è fissato inizialmente in piazza Univerità, salvo poi spostare, con scarso preavviso, l’evento in piazza Stesicoro. A manifestare sono una quarantina di studenti, protagonisti di un qui pro quo con i rappresentanti della Digos a causa proprio dello spostamento della sede. Uno scampato pericolo di disordini pubblici, che sarebbero potuti derivare dall’incontro con fazioni politiche avverse, come paventano gli agenti rivolti ai giovani che hanno comunque poi iniziato il loro pomeriggio informativo.
«E’ la droga dell’amore», afferma sorridendo ma in modo non troppo eloquente, qualcuno dei giovani pro-liberalizzazione ad un anziano passante. Lo scopo è quello di spiegare ai cittadini cosa vuol dire legalizzare la cannabis, ma il rischio è quello di confondere ancora di più l’interlocutore. Un altro studente, Francesco Licciardi, si concentra sulle conseguenze negative della legge: «Ingiusta perché porta in carcere oltre 160mila persone e fa arricchire le mafie», spiega.
Studenti in piazza, «perché anche noi abbiamo un’opinione in merito e vogliamo esprimerla», dichiara Francesco Laneri. «Sarebbe meglio che questo business fosse in mano dello Stato – aggiunge – E poi con la legalizzazione eviteremmo anche parte del sovraffollamento delle carceri». Il pubblico non sembra convinto.
«E’ veleno e fa morire tutti, picchì ci causa dipendenza», sostiene il signor Girolamo, dopo avere a lungo parlato con chi invece difende le ragioni della legalizzazione. «Anzi, l’anu attaccari a tutti chiddi ca a vinnunu», aggiunge. Anche un altro passante, il signor Francesco, si dichiara contrario alla legalizzazione, ma sostiene la necessità di cambiare la legge attuale, «perché è assurdo equiparare la marijuana all’eroina, è da ignoranti». Vicina alla sua posizione è anche quella di un un giovanissimo che non può fare a meno di assentire e aggiungere che «è meglio legalizzarla, così i soldi vanno allo Stato invece che alla mafia che fa tutto questo danno». Poi si dilegua in fretta.
Del tutto favorevoli, invece, molti giovani che si sono fermati al banchetto anche solo un momento per aggiungere la propria firma alla petizione simbolica. «Domani ho compito in classe, scappo subito a casa, ma è importante dare anche il mio contributo, dato che sono favorevole», dice uno studente. Luigi e Ismaele, ventenni, non hanno dubbi: «Tanto fumano tutti, anche quelli che lo nascondono e legalizzarla eviterebbe tanti problemi a molti che si ritrovano nei guai solo perché fumano erba», afferma Ismaele, «senza pensare al danno che si farebbe alla criminalità organizzata», aggiunge Luigi.