La droga venduta «con la prova» ai Santapaola. Il trafficante calabrese: «Se ti piace mandami un messaggio con una “A”»

Un filo rosso della droga che unisce le sponde dello Stretto, dall’area di Reggio Calabria e della piana di Gioia Tauro fino alle pendici dell’Etna. È qui che, secondo le carte dell’inchiesta Oikos della Dda reggina, si sarebbero intrecciati i rapporti del presunto trafficante Antonio Caracciolo con figure di spicco della criminalità catanese, in un flusso di forniture, viaggi e incontri riservati. Non solo consegne, ma anche la prova della merce destinata – secondo l’accusa – a esponenti vicini alla famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola, sigillata da un codice in apparenza innocuo: una semplice lettera via messaggio, “A” per approvazione, “B” per rifiuto. Un linguaggio in codice per blindare affari che, a cavallo tra Calabria e Sicilia, avrebbero puntato a consolidare un’alleanza criminale capace di resistere a controlli e indagini.

Nel corso dell’inchiesta gli inquirenti monitorano diversi presunti trasporti di droga dalla Calabria a Catania. Uno degli appuntamenti in questione, ricostruito nell’ordinanza di custodia cautalre, si tiene il 3 ottobre del 2021. Destinatario della droga, secondo la ricostruzione, sarebbe stato l’indagato Massimo Greco, originario di Giarre. Non una semplice vendita ma anche una contropartita in droga da ricevere per i calabresi. Gli inquirenti arrivano a Greco grazie a una telefonata effettuata da Caraccio all’utenza della moglie dell’indagato: «Digli venti minuti massimo e sono lì – diceva il calabrese – qua sull’autostrada sono». Altro catanese in rapporti con Caracciolo sarebbe stato Salvatore Centonze, pregiudicato per rapina, sequestro di persona, furto e ricettazione. Il 12 ottobre 2021 il calabrese ritorna a Catania per incontrare Centonze: «C’è un chioschetto là, davanti al Garibaldi (ospedale nel quartiere Nesima, ndr), come si chiama?», spiegava al telefono dopo avere imboccato l’uscita Misterbianco. Dall’altro lato del telefono Centonze replicavadi non averlo visto dopo un passaggio in sella a una motocicletta. «Come vengo ce ne andiamo», aggiungeva il catanese annunciando un nuovo passaggio davanti l’attività commerciale. L’indomani i due sarebbero tornati a incontrarsi ma a Villa San Giovanni. Caracciolo e Centonze concordano di spostarsi in un’area di servizio e poi partono alla volta di Gioia Tauro. Ultimo passaggio prima di una cena a base di carne in una trattoria. «Sebbene dall’attività tecnica non siano emersi sufficienti elementi per ritenere provato uno scambio di sostanza stupefacente tra i catanesi e i soggetti della piana – scrive il giudice nell’ordinanza – si ritiene probabile che l’abboccamento presentasse quelle finalità», anche considerando «l’attività principale condotta da Caracciolo».

A novembre del 2021 Antonio Caracciolo avrebbe compiuto un nuovo viaggio in Sicilia, mantenendo costanti contatti con l’indagato Raffaele Raco. Nei messaggi intercettati, il presunto trafficante ricorreva a un linguaggio in codice, parlando di «portare le olive al frantoio» e di caricarle «sul trattore». Dalle celle telefoniche risulta la sua presenza nella zona di Giarre, in provincia di Catania, per poi rientrare rapidamente verso Gioia Tauro. Anche al ritorno, Caracciolo avvisava Raco di essere appena rientrato «dal frantoio» e di aver raccolto «tutta la partita di olive» e scaricato «tutte le cassette». Peccato però che Carraciolo non faccia l’agricoltura e non si occupi di olive.

Nelle carte dell’inchiesta compare anche la vendita di una partita di hashish a Catania, preceduta dalla “prova” della sostanza. «Mi devi dare una mezz’ora, lo squaglio e quello prova», diceva a Caracciolo un uomo identificato con solo il nome di Benedetto, indicato comunque come vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola, come emerge da un dialogo tra Caracciolo e Raco. «Ma questi con chi sono, con i Cappello?», chiedeva Caracciolo. «Santapaola», rispondeva Raco. Per comunicare l’esito della prova dello stupefacente, i protagonisti avrebbero scartato emoticon o pollici alzati su WhatsApp – metodi già costati problemi a uno degli indagati presenti durante il traffico – optando per un sistema più discreto: un messaggio con la lettera “A” in caso di esito positivo o “B” in caso negativo. Un codice semplice, ma efficace per proteggere la compravendita da possibili interferenze delle forze dell’ordine.


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