Quindici persone indagate per associazione finalizzata a una serie indeterminata di reati (tra cui porto abusivo e detenzione di armi e munizionamento) con l’aggravante di avere favorito il clan Rinzivillo di Gela, in provincia di Caltanissetta. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, l’organizzazione criminale avrebbe avuto come business soprattutto il traffico di stupefacenti. L’operazione, […]
Traffico di droga con base a Gela: il ruolo dell’ex avvocato condannato per concorso esterno alla mafia
Quindici persone indagate per associazione finalizzata a una serie indeterminata di reati (tra cui porto abusivo e detenzione di armi e munizionamento) con l’aggravante di avere favorito il clan Rinzivillo di Gela, in provincia di Caltanissetta. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, l’organizzazione criminale avrebbe avuto come business soprattutto il traffico di stupefacenti. L’operazione, denominata The wall, ha disarticolato un canale di approvvigionamento di hashish e cocaina destinato alle piazze di spaccio di Gela, dove l’organizzazione avrebbe potuto contare anche sulla disponibilità di armi.
Secondo quanto ricostruito, tre degli indagati avrebbero partecipato alla vita associativa pur essendo detenuti, sfruttando la possibilità di introdurre in carcere cellulari e droga attraverso l’utilizzo di droni. L’organizzazione avrebbe gestito una fiorente attività di traffico di sostanze stupefacenti (compreso anche il crack) tra maggio 2024 e giugno 2025, attraverso un canale di approvvigionamento dal nord Italia, principalmente dalla Lombardia e dalla Liguria, in alcune circostanze anche dalla Calabria e da Palermo. Secondo quanto emerso finora, le droghe sarebbero state trasportate e stoccate a Gela in basi logistiche dell’organizzazione da cui sarebbe avvenuta la distribuzione nell’area nissena, alimentando le piazze di spaccio locali e, in particolare, quella gelese.
Uno degli indagati era già stato arrestato nel corso delle indagini in flagranza dei reati di detenzione di armi e sostanza stupefacente e l’ordinanza gli è stata notificata in carcere. Tre degli indagati erano già detenuti ad Agrigento, Messina e Ancona. Ciononostante avrebbero partecipato alla vita associativa del sodalizio. Le indagini, avviate nel maggio del 2024, sono il proseguo dell’operazione Antiqua che aveva
portato all’arresto di nove persone indagate per associazione di tipo mafioso (appartenenza alla famiglia mafiosa di Cosa nostra di Campofranco), estorsione, detenzione e porto abusivo di armi e spaccio di sostanze stupefacenti. La maggior parte dei destinatari di quest’ultima ordinanza sono già stati condannati in primo grado in sede di giudizio abbreviato.
Nel corso delle nuove indagini, tramite le intercettazioni di conversazioni telefoniche, è stato ricostruito l’acquisto di ingenti quantitativi di stupefacenti tra un cittadino albanese pluripregiudicato residente nell’hinterland milanese e un ex avvocato (già iscritto al foro di Gela) sospeso dall’esercizio della professione forense poiché condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Inoltre, è emersa l’autonomia operativa dei sodali nel collocare sul mercato lo stupefacente acquistato dall’organizzazione e il collegamento con esponenti di Cosa nostra, in particolare delle famiglie mafiose di Gela (clan Rinzivillo) e di Campofranco per l’acquisto non solo di droga ma anche di armi. Le investigazioni – anche con servizi di pedinamento e osservazione – hanno permesso di delineare i ruoli di ciascun indagato e le modalità organizzative e di gestione del business.
Secondo quanto ricostruito finora, la base operativa è stata individuata nella città di Gela. I proventi illeciti sarebbero confluiti in una cassa comune indicata, nei dialoghi intercettati, con il termine «salvadanaio», utilizzata anche per contribuire al mantenimento dei detenuti (sostenendone le spese legali o effettuando acquisti in loro favore) o per pagare il manovratore del drone incaricato di recapitare stupefacente e telefonini all’interno di strutture carcerarie. Dalle indagini, inoltre, è emerso l’utilizzo di droni, cellulari e sim telefoniche da parte degli indagati detenuti: in una circostanza è stato intercettato il tentativo di consegna a un indagato ristretto nella casa circondariale di Messina di tre cellulari, cento grammi di hashish e 20 grammi di cocaina, attraverso un drone, abbattuto nei pressi dell’istituto da parte della locale polizia penitenziaria. Per tentare di eludere gli eventuali controlli, gli indagati avrebbero preferito incontri in presenza per definire accordi di compravendita, in particolare nel bar gestito da un
indagato, e utilizzare schede telefoniche intestate persone straniere.
Gli indagati avrebbero fatto anche videochiamate – utilizzando app di messaggistica – per riprendere pizzini con le indicazioni di quantità e tipologia dello stupefacente. Nel corso delle investigazioni, sono state acquisite immagini, tratte dai telefonini di alcuni indagati, della sostanza stupefacente (come a
volerne rappresentare il quantitativo), dei soldi (come a certificarne la disponibilità) e anche di una pistola smontata con messaggi di spiegazione sulle modifiche tecniche da apportare. Per il trasporto dello stupefacente, gli indagati avrebbero potuto contare su auto non a loro direttamente riconducibili, attraverso un’agenzia di noleggio auto, preoccupandosi anche che le vetture noleggiate non fossero sempre le stesse, per scongiurare il rischio che gli inquirenti potessero collegarle ai vari sodali.
Nel corso delle indagini, sono stati acquisiti riscontri che hanno portato all’arresto di due persone, alla
denuncia di otto indagati e al sequestro di complessivi 1,250 chili di hashish e 121 grammi di cocaina e di una pistola marca Beretta modello 71 calibro 22 con matricola abrasa completa di caricatore con 49 cartucce calibro 22, e di numerosi bossoli, inneschi e materiale utile al confezionamento di cartucce calibro 12 e 16. Il gip ha emesso l’ordinanza di applicazione della custodia in carcere nei confronti di 13 indagati, mentre per altri due è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Una persona destinataria della misura cautelare è ancora ricercata.