“Col cuore, con l’anima libereremo Gaza”, questo lo slogan, rigorosamente in arabo, più urlato ieri pomeriggio durante il corteo che ha attraversato parte della via Etnea, da Villa Bellini a Piazza Università a Catania. Più di mille persone, giovani e adulti, italiani e stranieri hanno manifestato la propria solidarietà al popolo palestinese, sventolando bandiere di tutte le grandezze e alternando l’arabo con l’italiano.
Qualcuno, presente anche alla manifestazione di giorno 2 gennaio, ha lamentato una minore presenza di extracomunitari.“Venerdì scorso c’era un folto gruppo della comunità islamica a Catania. Avevano aderito anche alcuni imam delle moschee delle città”, racconta un ragazzo.
Ma palestinesi, marocchini, algerini e altri ancora non mancavano. C’era anche un ragazzo mauriziano, che ci racconta di essere al corteo non solo per solidarietà verso il popolo palestinese, ma per “tutti i popoli che subiscono”. Richiama i diritti dell’uomo, da difendere in Europa come in Africa, e con semplicità cerca di spiegare quanto questo sia importante anche per il futuro. “Se roviniamo un posto, i nostri figli lo troveranno rovinato. Dobbiamo pensare anche a chi viene dopo”, dice.
Meno pacata la visione di un imam di Catania, palestinese che vive in questa città da trent’anni, ma che “anche se fossero cento, mi sento sempre palestinese, per non far dimenticare la questione del mio popolo”. Segue il corteo dal marciapiede, parla con i passanti, cerca di sensibilizzare chi dribbla i manifestanti. Esibisce un grande cartellone con delle foto di devastazioni della guerra e civili feriti, specie bambini. Nel retro, alcune informazioni sul conflitto. “Stanno sterminando un popolo davanti agli occhi di tutto il mondo”, inizia. Parla di 230 containers mandati dagli americani, “pieni non di medicinali o di cibo per gente che da 3 anni è sotto l’embargo”, aggiunge sdegnato. Si accalora l’imam, raccontando delle ‘bombe proibite’, le bombe al fosforo, che finirebbero su una popolazione per più di metà costituita da bambini. Come a dire che non c’è solo Hamas a Gaza. Racconta di aver sentito per telefono i parenti e gli amici in Palestina, “Si sono rifugiati nelle scuole delle Nazioni Unite, pensando di essere al sicuro almeno lì. E invece li bombardano, sono già morti più di quaranta bambini. Dov’è la coscienza? Dov’è l’America? Dov’è l’Europa?”, rincara la dose. Una ragazza di origini marocchine, volto noto del Movimento Studentesco Catanese, sottolinea anche l’indifferenza degli Stati Arabi.
La gente applaude, urla, agita ancora bandiere. Fino a quando però qualcuno non lancia un fumogeno. Una fitta nebbia rossa lascia intravedere un’altra persona che srotola una bandiera dello stato d’Israele, e la brucia. Qualche calcio per spegnere le fiamme, e qualche altro ancora per sfogarsi. Applausi, ma anche alcuni “questo non mi è piaciuto” si sentono tra i manifestanti. Il corteo riprende normalmente. Poco dopo, in piazza Stesicoro, un altro fumogeno. E la scritta “Intifada” appare su uno striscione. Passa un ragazzino tipicamente catanese e urla “Risgraziati! Su c’era quacche picciriddu?!”.
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