La loro musica ha emozionato e commosso più di una generazione, lasciando un vuoto con la lunga assenza dalle scene. Ma dopo 21 anni tornano a solcare il palco, con brani inediti e la promessa di un nuovo album, i messinesi Kunsertu. Uno dei primi gruppi italiani di world music che, alla fine degli anni ’80, ha richiamato l’attenzione di pubblico e media per la sua originalità. Stasera suoneranno al Palacultura di Messina per un evento di beneficenza a favore della campagna Bambini in Alto Mare dell’associazione Ai.Bi. Amici dei Bambini. Ma questa estate sono previsti diversi concerti. «Il due luglio saremo a Milazzo, ma dobbiamo ancora definire le altre date», annuncia a MeridioNews Giacomo Farina, musicista del gruppo nonché uno dei fondatori.
La data di stasera a Messina farà così da apripista al nuovo tour. «Sarà un calendario aperto», spiega Farina, con gli appuntamenti tutti concentrati al sud, tra Sicilia e Calabria. «Vogliamo riprendere il discorso interrotto e andare avanti sulla ricerca della musica etno pop», continua il musicista. La storia della band si è sempre contraddistinta per la capacità di miscelare sonorità diverse: dalla Sicilia al Maghreb, passando per il ritmo dell’Africa nera. «Abbiamo già dei brani inediti che presenteremo durante i concerti e che saranno inseriti nel nuovo disco – anticipa – I nostri album sono sempre una sintesi delle varie stagioni che facciamo in giro, dei pezzi che vanno nascendo».
Uno dei loro brani più belli e conosciuti è Mokarta, una canzone d’amore in dialetto siciliano che ha resistito agli anni, ascoltata da genitori e figli. Ma quando il brano è stato pubblicato, il gruppo non pensava potesse avere tutto questo successo. «È una ballata, una serenata – racconta il percussionista – Per noi era solo un lato B di un disco perché ci sembrava fuori solco rispetto a quello che stavamo facendo, e invece sbagliavamo alla grande». Oggi, a quasi trent’anni di distanza da quel successo, il gruppo non ha interrotto la sperimentazione. «Nel nuovo concept c’è l’idea di traghettare il folk verso un pubblico più generalista e anche dare valore al dialetto siciliano e alle altre lingue del mediterraneo – conclude Farina – Vorremmo internazionalizzare la nostra musica, solcando i confini italiani».
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