Donne in massoneria, una loggia anche a Palermo «Giusto mantenere le tradizioni, diverse le priorità»

«L’Ordine della Stelle d’Oriente non fa parte del Grande Oriente d’Italia. È un’associazione paramassonica di cui fanno parte le donne che sono mogli, figlie di fratelli del GOI. Sono attive, particolarmente nel campo della solidarietà, e svolgono i loro lavori rituali». All’Hotel delle Palme il gran venerabile maestro Stefano Bisi, arrivato a Palermo mercoledì scorso per presentare il suo libro Massofobia, l’antimafia dell’inquisizione, chiude con gentile fermezza le porte alle donne in massoneria. Non solo non hanno alcun potere decisionale, ma addirittura non sono neanche pienamente inserite tra compassi, candelabri e altri simboli esoterici, nella sede ufficiale di piazzetta Speciale (nel cuore di Ballarò). 

«La nostra comunione è una comunione di obbedienza esclusivamente maschile» ribadisce Bisi. Tutto ciò però non risulta maschilista? «No, non è una scelta maschilista – risponde ancora il venerabile maestro -. Viene da una storia. Noi ci consideriamo gli eredi dei costruttori delle cattedrali medioevali, e questi erano solo uomini. Inoltre ci sono con noi, nell’azione di collaborazione e di riconoscimento, 200 logge massoniche nel mondo che hanno soltanto una presenza maschile. Poi ci sono comunioni massoniche esclusivamente femminili, altre miste, il nostro percorso come GOI invece è questo».

L’Ordine della Stella D’Oriente viene fondato a Napoli nel 1965 e, come ammettono sul proprio sito le stesse aderenti, «trovò grande resistenza» tra gli stessi massoni. Un modello che era già stato sperimentato con successo negli Stati Uniti ma che in Italia ebbe difficoltà «affinché un’associazione femminile potesse istituirsi». Si tratta di uno dei capitoli italiani più noti, fondato originariamente negli Stati Uniti nel 1876, e «che lavora in maniera parallela al Grande Oriente d’Italia».

 A parlare è Rosy Guastafierro, referente nazionale dell’Ordine che, gerarchicamente al di sopra delle referenti palermitane che si riuniscono due volte al mese nella sede di piazzetta Speciale, ha raccontato a MeridioNews il poco conosciuto intreccio fra donne e massoneria. Se per accedere al GOI, o almeno avere qualche speranza di avvicinarvisi, occorre necessariamente una conoscenza personale che faccia da garante, in questo caso le restrizioni sono anche più stringenti.

Sono ammesse all’Ordine infatti solo donne legate da vincoli di parentela a maestri massoni. E nemmeno a maestri qualsiasi, in realtà. Per entrare in quest’ordine inizaitico in particolare la parentela deve essere con qualcuno del GOI stesso. «Parliamo già di un livello più alto», spiega Guastafierro. Ma perché solo le imparentate? «Può sembrare un minus ma non lo è – torna a dire la donna -. Diciamo che nel momento in cui si è a contatto con i fratelli, si consegue comunque un livello sapienziale superiore, per cui non si entra totalmente a digiuno, non è un percorso dal primo ingresso, ma è un percorso che ha già avuto una sua base. Un po’ come le sacerdotesse, che non prendevano parte al sancta sanctorum, ma comunque erano lì che assimilavano tutto ciò che veniva fatto e così c’era un loro accrescimento».

Un arricchimento, insomma, che avviene quasi per osmosi, per contatto diretto con chi, prima di loro, è stato degno non solo di essere ammesso all’interno del GOI, ma di progredire sino a ruoli, per così dire, di vera e propria venerabilità. «Non abbiamo bisogno, per questo motivo, del tipo di controlli che richiedono i massoni, proprio perché chi è che garantisce la moralità o comunque la non appartenenza a situazioni deviate da parte nostra è proprio il maestro massone che, dal canto suo, lui stesso per essere all’interno deve in ogni caso avere il casellario giudiziario e la fedina penale in ordine».

La massoneria, tirando le somme, è quindi una «corrente iniziatica adogmatica» maschile o maschilista? «Che la massoneria mantenga le tradizioni è giusto. È giusto che sia così – dice sicura Guastafierro -. Noi abbiamo due strade che a un certo punto si intrecciano per lavorare insieme, donne e uomini, ma sono delle strade ben precise. Le prerogative sono diverse ed è giusto che sia così, perché comunque il volersi sovrapporre senza mantenere le giuste differenze alla fine genera solo confusione».


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