Donne che raccontano la guerra

Coraggio e ricerca della verità ad ogni costo: è il giornalismo di cui si è parlato sabato alla Casa del vendemmiatore di Santa Venerina in occasione del “Premio internazionale di giornalismo Maria Grazia Cutuli”. A nove anni dalla morte della giornalista siciliana, inviata del “Corriere della Sera”, si cerca chi ha lo stesso sguardo e determinazione nel raccontare la guerra, nell’essere prima di tutto testimone. Come lo è stato lei fino a quando, lungo la strada tra Jalalabad e Kabul, a 40 chilometri dalla capitale afghana, un agguato, forse guidato dai talebani, l’ha uccisa all’età di 39 anni, quando già da 4 era un’importante firma del Corriere. Quest’anno, a incarnare e ricordare il coraggio e la passione di Maria Grazia sono due donne: il premio che porta il suo nome va a Cécile Hennion (corrispondente di Le Monde da Beirut) e a Tiziana Prezzo (giornalista di Sky Tg24).

«Vedete lo sguardo di Maria Grazia? È lo sguardo di chi ama la vita, di chi ama quelle terre e non vuole tacere», ricorda il fratello Mario Cutuli. Cécile Hennion e Tiziana Prezzo sono donne che hanno il suo stesso sguardo e spirito di avventura. Donne che avvertono il dovere della cronaca come una missione, come un’esigenza. Con la forza di chi si fa sentire solo con l’inchiostro sulle colonne di un giornale, da quelle terre dove le bombe appiattiscono e cancellano ogni suono.

«Raccoglie il testimone dei grandi corrispondenti francesi del passato, e nonostante la giovane età dimostra grande competenza in ambito internazionale»: è la motivazione con cui Cécile Hennion vince il premio per la stampa estera, con un reportage da Beirut. Laureata alla Sorbonne in storia, da giovanissima è scesa in prima linea per raccontare gli scenari di guerra del Medio-Oriente, tanto da rischiare la vita in un’aggressione subita due anni fa in Kurdistan, dove era inviata.

Per la stampa nazionale è stata premiata Tiziana Prezzo, già vincitrice del premio Ilaria Alpi 2010, con un reportage che racconta il terremoto di Haiti: “Saccheggi e violenza a Port au Prince”.

Giornalista siciliana emergente è invece Donata Calabrese, free-lance gelese, premiata per aver affrontato le intimidazioni della criminalità organizzata, raccontando delle guerre tra mafia e “stidda” che hanno insanguinato la sua città tra gli ani ’80 e ’90.

Per la sezione dedicata alle tesi di laurea in materia giornalistica sono stati premiati Sara Bicchierini (Università di Perugia), con una ricerca sulla libertà di stampa nella Russia di Putin, e Domenico Musella (Università degli studi di Napoli “L’Orientale”) per “un’indagine sul campo” sulla libertà di culto degli immigrati a Napoli.

La serata è servita, naturalmente, anche a ricordare Maria Grazia e fare il punto sulle indagini relativa alla sua uccisione. Dal 2001 sono stati avviati due processi, uno in Italia – la cui prosecuzione è stata impedita dall’impossibilità di notificare agli inquisiti la chiusura delle indagini a loro carico – e l’altro in Afghanistan, dove tre persone sono state condannate alla pena capitale e una è stata giustiziata l’8 ottobre, nonostante la posizione contraria alla pena di morte della famiglia Cutuli.

Sono state ricordate anche le numerose iniziative portate avanti dalla fondazione intitolata a Maria Grazia. «Ciò di cui parlava quando tornava a casa era la bellezza di quelle terre e degli occhi intelligenti dei bambini che incontrava», ricorda il fratello Mario, che ha illustrato i progetti della fondazione Maria Grazia Cutuli onlus di cui è presidente: a giugno è stata posta la prima pietra di una scuola elementare per i bambini di Herat che sarà inaugurata nel mese di marzo: è un progetto che ha coinvolto architetti e studiosi di pedagogia, che vuole coniugare la purezza del paesaggio agrario ad una costruzione artificiale innovativa, perchè è con la cultura e la conoscenza gli strumenti che si vuole aiutare questo popolo. Altro obiettivo della fondazione è quello di formare giovani giornalisti con un corso di perfezionamento in giornalismo per inviati in aree di crisi.

“Maria Grazia Cutuli, dove la terra brucia” è infine il titolo del libro a fumetti che racconterà la vita della giornalista siciliana per Rizzoli. «Perché possa essere conosciuta dai giovani non solo come personaggio, ma come persona».

Hanno arricchito l’incontro gli interventi dell’antropologo Nino Buttitta, dello storico Salvatore Lupo, dei registi Giovanna Taviani, Nello Correale e Gianfranco Pannone, che hanno consentito spunti di riflessione sul Mezzogiorno e l’unità d’Italia.

A presentare l’incontro Franco Di Mare, giornalista del Tg1 e collega di Maria Grazia. «Riguardando vecchie foto – ha detto – me ne è capitata una fra le mani in cui io, Ilaria Alpi e Maria Grazia sorridevamo attorno ad un tavolo in Afghanistan. Sono l’unico sopravvissuto di quella foto, ecco perché non voglio più fare l’inviato di guerra. Ogni volta che muore un inviato di guerra si dice “se l’è cercata”. Ma non è così: noi cerchiamo la verità, non la morte».

Il Premio è organizzato dalla Fondazione Cutuli Onlus – i cui soci fondatori sono la famiglia Cutuli, la Rcs Quotidiani, il Comune di Roma, la Regione Siciliana, la Provincia regionale di Catania, Confindustria Sicilia, Banca Nuova, la Federazione nazionale della Stampa e l’Ordine dei Giornalisti – in collaborazione con il Comune di Santa Venerina (Socio Partecipante della Fondazione) e le quattro università siciliane di Palermo, Catania, Messina ed Enna.


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