Don Fabio, prete trentenne e antimafioso «No alla Chiesa collusa con la malapolitica»

«I politici? Tutti ci vorrebbero dalla loro parte ma, se prendiamo posizione, ci accusano». Fabio Randello, 30 anni, di Licodia Eubea, è sacerdote dal 2009. Gli studi a Catania e poi a Roma, due anni trascorsi nella parrocchia di Palagonia, da sei mesi è a Militello in Val di Catania. Sulla sua bacheca Facebook, i link a contenuti contro la pedofilia e la violenza sulle donne si mischiano alle preghiere e alle immagini sacre. Ma anche annunci di manifestazioni sindacali, ricordi di personaggi antimafiosi come Peppino Impastato e, in periodo elettorale, un invito al voto libero, lontano da qualunque clientelismo. «La mia famiglia è di sinistra – spiega don Fabio – Ma io sono pur sempre un sacerdote. Figurarsi che una volta ho dovuto dire messa per Mussolini», esclama. Doveri professionali, secondo il don. Che, per il resto, cerca «di portare la parrocchia dalla chiesa alle piazze, tra la gente». Anche con l’aperitivo del sabato sera davanti alla chiesa. Con tanto di chiamata dei vicini ai carabinieri per disturbo della quiete pubblica, come in ogni festino che si rispetti.

Le sue idee sulla politica sono chiare. La Chiesa non può tirarsene fuori, perché i suoi effetti li vede ogni giorno sul territorio. «Spesso siamo noi a supplire all’incapacità dei governi di attuare delle vere politiche sociali», spiega don Fabio. Un problema che in Sicilia si mischia con le clientele e lo sfruttamento delle situazioni di disagio. Ne sa qualcosa il sacerdote che per due anni ha prestato servizio a Palagonia: comune commissariato due volte e con il suo ex sindaco Fausto Fagone imputato per collusioni mafiose nel processo Iblis. «A Palagonia la situazione è drammatica. Si sono seguite delle logiche sbagliate e adesso se ne pagano le conseguenze», racconta amareggiato. Ora che anche lì si svolgerà il secondo turno elettorale qualcosa però potrebbe cambiare. «Noi sacerdoti non possiamo schierarci con nessuno – sottolinea don Fabio – Ma dovremmo appoggiare il candidato che porta avanti valori come la pace, l’ambiente, il sociale». Un programma di sinistra insomma. Ma per il sacerdote non è così semplice. «Io non ho votato per dieci anni – spiega – Oppure lasciavo la scheda bianca. Perché è difficile trovare qualcuno che mi rappresenti». Un po’ come la maggior parte degli elettori italiani.

Della sinistra non lo convincono le posizioni a favore dell’aborto e dei matrimoni gay. Ma non va meglio con la destra «che dice di essere per la vita e poi fa le guerre». Nemmeno l’Udc, il partito italiano a maggiore vocazione cattolica, lo convince: «Se poi candidano gente come Totò Cuffaro (ex governatore regionale condannato per favoreggiamento con aggravante mafiosa ndr) e Raffaele Lombardo (attuale presidente siciliano e fondatore dell’Mpa, a processo per voto di scambio e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr), io qualche problema di coscienza a votarli me lo faccio». E non va meglio con la gerarchia a cui appartiene, quella ecclesiastica. «E’ normale che la gente non abbia fiducia verso il clero con tutti questi scandali pedofilia o i casi di collusione con la mafia e la malapolitica – dice – C’è uno scollamento tra quello che dice il vangelo e il comportamento della Chiesa. Ma non siamo tutti uguali». Eppure in quella realtà don Fabio ci vive. «Ogni giorno con dolore – sottolinea – Ma è come stare in una famiglia. Se ci sono problemi, che si fa? Si scappa? No, si cerca di modificare la situazione piano piano, con piccoli gesti».

Come stare tra la gente e soprattutto i giovani. Con gli incontri in piazza o attraverso gli happy hour. «Però analcolici, con le bollicine», ride don Fabio. Sprazzi di apertura e modernità che non piacciono proprio a tutti. «La gente si vede spacciare sotto casa e non dice niente – commenta – Poi, per due ore di musica in chiesa, manda i carabinieri per disturbo della quiete pubblica». Oppure chiede le messe in suffragio di Benito Mussolini. Com’è successo a Catania, ma anche a Militello. «E’ pur sempre un figlio di Dio e la Chiesa ha il compito di pregare per tutti, anche per chi ha fatto del male. E’ come quando un cittadino comune viene a chiedere una preghiera per un suo caro. Mica gli si chiede in che partito militava». Nella sua funzione però niente omelie con sogni di impiccagione o saluti romani. «Anche don Luigi Sturzo diceva ogni giorno messa per Mussolini, nonostante fosse il suo acerrimo nemico», sospira il sacerdote.

Sono altri però i personaggi a cui don Fabio Randello rivolge un pensiero personale, dalla sua bacheca Facebook. La scena finale del film I cento passi, per esempio, e una frase: «Peppino Impastato, grazie per quello che sei stato per noi siciliani». «All’interno della Chiesa ci sono sensibilità diverse – conclude – Ma, quella che si vede da fuori, non è una cortina d’acciaio. E’ di cartone. Se tutti lo volessimo, si butterebbe giù con un dito».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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