A deciderlo la giudice per le indagini preliminari Giuseppina Montuori. La procura, invece, aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo. Il filmato venne trasmetto in diretta dai vicoli del rione San Berillo. Stralciata la posizione di coloro che commentarono
Disposta imputazione coatta per Cantarella e Candiani Esponenti Lega denunciati dopo un video su Facebook
«Istigazione a delinquere per motivi di istigazione razziale, etnica e religiosi». Questa l’accusa con cui la giudice per le indagini preliminari Giuseppina Montuori ha disposto l’imputazione coatta nei confronti di Stefano Candiani e Fabio Cantarella. Il primo, senatore originario di Busto Arsizio in Lombardia, è il segretario della Lega di Matteo Salvini in Sicilia. Cantarella, invece, l’attuale assessore all’Ambiente del Comune di Catania. All’interno del Carroccio vicesegretario regionale. Per entrambi la procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo perché il fatto non sussiste o non costituisce reato. Ipotesi che aveva trovato l’opposizione dell’associazione antimafia Rita Atria tramite l’avvocato Goffredo D’Antona.
Candiani e Cantarella erano finiti denunciati dopo una diretta Facebook realizzata tra i vicoli del quartiere San Berillo. Descritto come un luogo «patria dell’illegalità in mano agli immigrati clandestini» dove «regnano spaccio, contraffazione e prostituzione». Durante la diretta diversi utenti del social network si erano distinti con commenti, riferiti ai migranti, come «metterli nei forni», «è bello l’odore del Napalm al mattino», «alle docce», «maledetti clandestini», «buttateli a mare da dove sono venuti», «vai con la ruspa» e «ci vuole il lanciafiamme». La posizione di 14 utenti, finiti indagati, è stata stralciata per lo stesso reato nei confronti degli esponenti della Lega.
Secondo la gip di Catania «le ragioni esposte dalla procura nella richiesta di archiviazione non trovano conferma nelle condotte materialmente tenute dai due indagati e nell’attività di indagine espletata e non possono essere condivise». Anche perché, scrive, «a ben vedere appare chiaro che trattasi di espressioni e giudizi fondati su concetti discriminatori e legate alla sola nazionalità o etnia dei residenti il quartiere in questione e non concretamente posti in essere da costoro». La giudice rileva anche che il senatore Candiani ha «manifestato le proprie idee fuori dalla sede parlamentare e fuori dai limiti dell’insindacabilità previsti dall’articolo 68 del comma 1 della Costituzione» nei confronti di deputati e senatori, citando un precedente che riguardava Mario Borghezio. La Procura di Catania, adesso, entro dieci giorni dovrà formulare l’imputazione coatta. Dopo la denuncia il rappresentante etneo della Lega si era giustificato dicendo di essersi recato nel quartiere «per raccontare una realtà», prendendo le distanze da coloro che avevano commentato la diretta.