Diritto alla casa, per il Sunia i numeri restano allarmanti «Filo che separa la marginalità dall’illegalità qui si è rotto»

A volte si può ripartire dalle parole. Parlare di questione abitativa, ad esempio, invece di emergenza. Perché «non si può parlare di sola emergenza, c’è un ritardo pazzesco, è inconcepibile che le graduatorie per le famiglie che hanno diritto a una casa siano ferme a più di dieci anni fa». Le parole di Zaher Darwish, segretario generale del Sunia Palermo, sintetizzano i tanti problemi irrisolti in città. Dove il diritto al tetto resta al massimo una canzone della rock band Ministri. Ecco perché il sindacato ha promosso una giornata di studio e approfondimento all’ex chiesa san Mattia ai Crociferi, intitolata Abitare, famiglie, sviluppo

Ad aprire i lavori, che hanno visto un ricco numero di interventi, lo stesso Darwish. Ed è da qui che è partita la sua riflessione. «Vogliamo ridurre le distanze e lo si può fare solo con la collaborazione di tutti – ha detto il segretario del Sunia – Quel filo sottile che separa la marginalità dall’illegalità a Palermo si è rotto troppo spesso. È inconcepibile che ci siano più di 6000 famiglie senza casa nella sola Palermo. Sono oltre 1300 le procedure giudiziarie di sfratto, delle quali oltre un terzo viene eseguito. Centinaia di persone sono senza fissa dimora». I numeri, insomma, per il Sunia restano allarmanti. Accanto alla denuncia il sindacato avanza delle proposte, che poi in realtà sono le stesse che ritornano da tempo:  «Ci aspettiamo un censimento serio degli immobili pubblici (che era previsto da esempio dalla circolare Minniti, poi superata, in peggio secondo gli esperti, dalla recente di Salvini … ndr), nonché una riforma generale del diritto all’abitare. Serve una percentuale del bilancio regionale e cittadino che venga destinato alla questione abitativa, che non può essere più affrontata come un’emergenza. Si può destinare parte del ricavo della vendita dei palazzi pubblici al tema dell’abitare». 

L’iniziativa del Sunia nasce dunque per creare un momento di sintesi tra soggetti che studiano, analizzano e progettano interventi di edilizia abitativa, al fine di costituire un percorso strategico per risolvere definitivamente il problema dell’abitare a Palermo. Assieme al Sunia e alla Cgil erano presenti l’amministrazione comunale, gli ordini degli Architetti e degli Ingegneri, il dipartimento Darch e la Scuola Politecnica di UniPa, Legambiente, Iacp, l’Ersu, Unione Casa, alcuni presidenti delle circoscrizioni (tra cui Massimo Castiglia della prima) e gli altri sindacati della casa. Nel corso dei lavori è stato proiettato un fotoreportage sulle periferie dell’architetto Muhammad Al Daire, su Zen, Borgo Nuovo, Cep e Brancaccio, per esporre la situazione e la condizione degli alloggi di edilizia residenziale di Palermo.

«Palermo ha perso tutti i suoi bellissimi nomi a causa di uno sviluppo selvaggio» ha detto l’architetto giordano, da oltre 35 anni in Italia. «Le periferie della città incidono sulla dignità sulla persona, talmente sono brutte. La prima volta che sono entrato allo Zen avevo paura». Per Maurizio Carta, presidente della Scuola Politecnica dell’Università di Palermo, «è positivo il ritorno alla necessità di discutere in termini strutturali e di programmazione. Ed è un’iniziativa tempestiva questa del Sunia perché siamo nella fase in cui al piano regolatore comunale possono ancora aggiungersi interventi importanti. Molti dei progetti delle periferie palermitane – ha aggiunto l’architetto – avevano qualche qualità, penso a Villaggio Santa Rosalia e Montegrappa, che mettevano insieme abitare e produrre. Sul tema ovviamente non può caricarsi tutto il pubblico. Da qualche mese Federcasa, ad esempio, ha provato a sperimentare un modello di città, in cui vengono portati nei quartieri servizi di prossimità, una sorta di social street estesa al quartiere».

Un intervento apprezzato è stato quello di Angelo Nuzzo, ex rappresentate Udu all’università, che ha posto la questione abitativa da un punto di vista spesso sottovalutato in città, ovvero quello dei fuorisede che scelgono di abitare in determinate zone della città, quelle attorno ai poli universitari: Corso Tukory, via Maqueda, Villaggio Santa Rosalia (soprattutto via Basile), Policlinico. «Se consideriamo che il numero di iscritti all’università è di 40mila e la percentuale degli studenti non di provincia è di circa un terzo – ha spiegato Nuzzo – ci riferiamo a più di 13mila persone, capaci di generare un indotto economico di milioni di euro. Da uno studio di Immobiliare.it abbiamo notato che gli affitti sono aumentati del 14 per cento, ed è vero che i prezzi qui sono più bassi rispetto alla media nazionale, ma è un aumento che ci deve far riflettere. Anche perché spesso parliamo di stanze e case non adeguate. Ci sono poi fenomeni sottovalutati, come quello per cui famiglie dell’agrigentino (o dalle parti del palermitano più distanti dal capoluogo) scelgono di acquistare immobili in città per far studiare il figlio e mettere a reddito le altre stanze. Ma di solito sono palazzi poco ristrutturati».


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