Dirigenza della Regione siciliana: la legge 10 è una buona legge, solo che è stata sistematicamente aggirata

da Pietro Tornabene
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Egr. Direttore,

desidero intervenire a proposito dell’articolo dal titolo “La riforma (mancata) della dirigenza della Regione siciliana e i Sei personaggi in cerca d’autore”, pubblicato sul vostro giornale.

Esordisco dicendo, e ne sono estremamente convinto, che nessuna legge potrà mai attecchire, quando, già all’indomani della sua pubblicazione, si ha volontà di aggirare. Quindi è inutile parlare di altre leggi.

Proseguo nell’affermare, senza alcuna ombra di smentite, che la legge attuale sulla dirigenza è una legge buona e solo la volontà di aggirarla, come infatti è stato, l’ha resa inidonea e quindi vale quanto sopra detto.

Nel merito, la legge regionale n. 10/2000 funziona dividendo nettamente l’indirizzo politico dalla gestione amministrativa, solo che gli atti conseguenti per la realizzazione di tale intento non sono mai stati predisposti.

Inoltre la legge prevedeva nettamente un CONCORSO PER ESAMI per formare e selezionare tra i dirigenti di 3^ fascia i funzionari ai quali affidare gli uffici regionali e non l’affidamento diretto a questi, cosa che invece è stata fatta certamente per una qualche utilità politica facilmente intuibile.

In conclusione, la legge 10/2000 ha in sé le norme per potere rendere la dirigenza e, quindi, il servizio amministrativo (e non la burocrazia che è certamente un termine non felice in quanto assolutamente in contrasto rispetto alle leggi odierne sulla trasparenza) incisivo e competente.

Solo che certa politica fa di tutto per evitarlo, arrivando perfino a confondere le idee per cambiare tutto per non cambiare niente, continuando la tradizione del Gattopardo che, se è vanto per qualcuno, ahimè ci sta portando alla rovina e, certamente, distanti anni-luce da tutti i circuiti civili.

 


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