Dietro la crisi del quotidiano la Repubblica c’è la crisi della carta stampata italiana

LA DIFFICOLTA’ ECONOMICHE DEL NOSTRO PAESE E LO SVILUPPO DELL’INFORMAZIONE ON LINE GIUSTIFICANO IL CALO DELLE VENDITE IN EDICOLA DEI DUE PIU’ GRANDI GIORNALI CARTACEI DEL NOSTRO PAESE?

Oggi, sabato 21 settembre, il quotidiano la Repubblica non è in edicola. E’ il primo di una serie di scioperi proclamato dai giornalisti di questa grande testata contro il piano di contenimento dei costi annunciato dall’editore: 30 milioni di euro e 81 esuberi.

Si pensava che l’editore, CaRlo De Benedetti, cambiasse idea dopo aver vinto la causa civile contro Berlusconi, incassando circa 500 milioni di euro. Invece De Benedetti non ha cambiato linea editoriale.

La crisi de la Repubblica ci deve fare riflettere su quello che sta succedendo nel mondo dell’informazione del nostro Paese.

Certo, ci sono due fatti oggettivi che sono sotto gli occhi di tutti. In primo luogo, la crisi economica che sta colpendo il nostro Paese. Una crisi che tocca tutta l’Unione Europea, ma che in Italia è particolarmente pesante. Da qui il calo della pubblicità.

In secondo luogo, c’è lo sviluppo dell’informazione on line, in buona parte libera. E, spesso, molto più interessante per i lettori. E, soprattutto, gratuita.

Bastano questi due elementi – la crisi economica e l’informazione on line – a giustificare la crisi dei grandi quotidiani italiani, la Repubblica in testa?

Qualche settimana fa, su La Voce di New York, il collega Leopoldo Gargano ha scritto un interessantissima riflessione sul Corriere della Sera e su la Repubblica. Sono i due grandi quotidiani cartacei del nostro Paese che si contendono la palma di giornale più venduto in edicola.

Il bravo collega faceva notare che questi due quotidiani ‘viaggiano’ sulla 400 mila copie vendute a testa. E che qualche anno fa vendevano in edicola il doppio delle copie. Gargano arrivava alla conclusione che i due maggiori quotidiani italiani hanno perso, negli ultimi anni, qualcosa come 800 mila-un milione di copie.

Magari non saranno tante le copie che queste due testate non vendono più in edicola. Ma se non saranno 800 mila copie in meno, beh, saranno 700 mila copie in meno o giù di lì. In pratica, negli ultimi anni, il Corriere della Sera e la Repubblica vendono in edicola 300 mila, 350 mila copie in meno a testa. Un crollo verticale.

Torna la nostra domanda: la crisi economica e lo sviluppo dell’informazione on line giustificano questo crollo? Noi proviamo a dare una risposta: a nostro modesto avviso, no, non lo giustificano.

Forse, sotto sotto, c’è anche un problema di linea editoriale. Né il Corriere, né la Repubblica, ad esempio, hanno mai criticato i disastri che l’euro sta provocando nel nostro Paese. Sempre a difendere un’Eurozona che ormai è indifendibile. E’ di ieri la notizia che il ministro dell’Economia, Saccomanni, annuncia un’altra manovra. Per fare che? Per rastrellare altri soldi dalle tasche degli italiani da immolare sul’altare di quella grande truffa che è lo spread e per mantenere le banche.

La crisi dell’euro, anzi, l’insostenibilità dell’euro è ormai entrata nell’immaginario degl’italiani. Eppure la grande stampa del nostro Paese sembra non essersene accorta.

Da qui un’altra domanda: la grande stampa italiana racconta la realtà italiana o cerca solo di condizionarla?

Anche sull’avventura del Movimento 5 Stelle e, in generale, sulla politica italiana l’informazione non è stata entusiasmante. A parte i sondaggi che lasciano il tempo che trovano, la realtà politica, alla fine, non sembra somigliare molto a quella descritta dalla grande stampa italica.

Berlusconi era finito e stava vincendo le elezioni politiche. Il Movimento 5 Stelle si sarebbe disgregato dopo aver detto “No” al Governo con il PD. Invece, nonostante fiumi di articoli su transfughi e scissioni, il Movimento 5 Stelle è lì, con Grillo che è convinto che il suo Movimento, alle prossime elezioni politiche potrebbe diventare il primo in Italia, superando il PD e il Pdl.

Cosa vogliamo dire con questo? Che le letture forzate della realtà, dalla ‘celebrazione’ continua di quel fallimento integrale che è l’euro, e le letture, più immaginate che reali, della vita politica del nostro Paese alla fine non pagano.

Anzi, alla fine presentano il conto. E sono conti amari.

 

 


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