Alcuni magistrati che indagarono sulla strage di via D’Amelio sono adesso indagati per concorso in calunnia, aggravato dall’aver favorito Cosa Nostra. A iscrivere il nome di alcuni pm del pool – secondo Repubblica si tratta di Carmelo Petralia e Annamaria Palma – sono stati i colleghi della Procura di Messina, titolari dell’indagine che punta a fare luce su presunte responsabilità dei magistrati in quello che è stato definito «tra i più grandi depistaggi della storia italiana».
Era stata la Procura di Caltanissetta, dopo la sentenza del Borsellino quater, a spedire gli atti a Messina. La competenza spetta alla Procura dello Stretto e non a quella di Catania perché tra i pm che indagarono per primi su Via D’Amelio c’è anche Carmelo Petralia, al momento in servizio proprio a Catania. Quel pool fu guidato dal discusso Giovanni Tinebra, morto nel 2017, e ne fecero parte Annamaria Palma, oggi avvocato generale di Palermo; Nino Di Matteo, dalla Dda di Palermo alla Procura nazionale antimafia e attualmente sospeso, e Petralia. Alcuni atti furono firmati pure dall’allora procuratore aggiunto Francesco Paolo Giordano e dal sostituto Fausto Cardella. All’indagine venne applicata Ilda Boccassini, che proveniva da Milano, ma poi andò via perché non credeva più alla collaborazione di Vincenzo Scarantino.
Dopo la sentenza del Borsellino quater le indagini sono ripartite per capire chi spinse i falsi pentiti – tra cui proprio Scarantino – ad accusare Salvatore Profeta, Gaetano Scotto, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana e Giuseppe Urso (tutti condannati e poi scagionati) di aver partecipato, a vario titolo, alle fasi preparatorie ed esecutive dell’attentato di via D’Amelio. A processo per calunnia aggravata ci sono tre poliziotti che gestirono Scarantino: il funzionario Mario Bo e gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. A guidarli è stato l’ex capo della squadra mobile di Palermo (e – ma si è scoperto solo recentemente – a servizio anche dei servizi segreti italiani) Arnaldo La Barbera, che è morto nel 2002.
Adesso la Procura di Messina dovrà chiarire se le responsabilità sono da attribuire anche ad alcuni pm. I magistrati iscritti nel registro degli indagati hanno ricevuto l’avviso di garanzia perché sono necessari alcuni accertamenti tecnici irripetibili, di cui sono stati avvisati anche le persone offese. Si tratta dell’analisi di 19 cassette su cui vennero registrati una serie di interrogatori e che potrebbero essere danneggiate dall’ascolto. Da qui l’esigenza che all’esame partecipino i legali delle persone coinvolte con l’ausilio di consulenti.
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