Dalle Alpi alla Sicilia è tempo di dire basta: la protesta riguarda tutti noi

Una riflessione del Professor Massimo Costa, tratta dal sito dell’Associazione Noi Siciliani Liberi,   sulle ragioni che spingono il Movimento dei Forconi, e con loro numerose associazioni di cittadini, a protestare in mezza Italia  contro un sistema politico ‘affama-popoli’. Ragioni che coinvolgono tutti noi.

La notizia del giorno è che stasera si ribella l’Italia.

Si ribella dalle Alpi alla Sicilia, contro una politica che ha toccato il fondo della propria delegittimazione, della propria insensibilità verso un paese che affonda. Riuscirà? Non riuscirà?

Lo sapremo presto. Di certo abbiamo già visto in opera ogni mezzo, già qua in Sicilia che si prevede, forse esageratamente, una roccaforte della protesta, per dividere il fronte, per sfrondarlo di quelli che sono gli elementi potenzialmente più agguerriti, e già questo di per sé sarebbe un successo.

Male fanno o farebbero, però, i sedotti ad abboccare. Avranno promesso qualche pesciolino agli autotrasportatori dell’AIAS per farli stare buoni. E hanno abboccato. Ora pare che (ma solo pare che) nella legge di stabilità regionale si siano trovati o si dovrebbero trovare un po’ di soldi per i precari degli enti locali. Ma vogliono fermare le valanghe col cucchiaino.

Il vero fatto è che ormai soldi non ce ne sono più: tutti impegnati al sacrificio per il Moloch europeo, il mostro che divora intere nazioni, come un gigantesco buco nero nel quale finiscono imprese dalla vita secolare, intere filiere di servizi pubblici, vere e proprie famiglie in carne e ossa, inghiottite da un mostro senza volto. E lo Stato italiano si è ridotto al gendarme di questo mostro. Guardate i “programmi economici” di tutti gli esponenti della vecchia nomenclatura: sono uguali, tremendamente uguali. Tutt’al più, invece di dire tutti in coro “Alzate le tasse e Tagliate i servizi pubblici”, si dividono il compito: uno dice “alzate le tasse”, e l’altro dice “tagliate i servizi”. Tanto poi l’effetto è lo stesso. I tre signori del PD dei gazebo di oggi, per esempio, sono tutti d’accordo per abolire le pensioni di reversibilità, ma le vecchine che non avranno pensione grazie a loro, e che da giovani magari votavano PCI e che continuano oggi a votarne gli eredi perché così c’è scritto ne La Repubblica, che continuano fedelmente a comprare e leggere, non lo sanno, e anzi versano un obolo alle casse di un partito che di finanziamenti pubblici ne ha anche troppi. Ma il futuro non sono loro. Il futuro è già altrove.

Il popolo non ha più nulla da fare e deve ribellarsi. Stando attenti certo. La disobbedienza civile si trova su di un sottile filo di lana tra l’eversione violenta e la pacifica dimostrazione. Non si può e non si deve essere violenti: sia perché non è giusto, sia perché è quello che cercano per dimostrare che siamo tutti (60 milioni?) delinquenti e quindi per disperderci con gli idranti o arrestarci. Ma non servono neanche le dimostrazioni troppo pacifiche che, per essere inefficaci, lasciano a casa proprio quelli che servono, e quindi falliscono. Nel mezzo c’è, ci deve essere, una disobbedienza pacifica, che metta in crisi il sistema se diventa massiccia. Abbiamo la forza di mandarli a casa, utilizziamola o sarà troppo tardi.

Ci saranno disagi? Certo. Ma se non facciamo nulla i disagi saranno maggiori. Si dice in siciliano “megghiu na vota arrussicari ca centu voti aggiarniari”. Un breve sacrificio non vale una lenta e sicura agonia? L’importante è che la rivolta diventi rivoluzione e che sia generale, pacifica, massiccia. E soprattutto abbia risultati.

Un Parlamento incostituzionale dovrebbe decadere immediatamente, e pazienza per Olli Rehn, se ne farà una ragione. Pazienza per Napolitano: decadrà presto anche lui, principale regista di un sistema ormai fallito. Quando gli italiani avranno eletto i loro rappresentanti, meglio se con un sistema proporzionale, allora in Europa capiranno che abbiamo restaurato la democrazia. Di 20 anni di falso bipolarismo non abbiamo più cosa farcene.

Ma è anche di Sicilia che voglio parlare oggi. Per quello che riguarda l’Italia si è detto abbastanza e molto si dirà nei prossimi giorni. La Rivolta non ha perso la sua specificità siciliana, pur nel nuovo quadro nazionale. Persino i TG, quando ne parlano, inquadrano le immagini, ormai epiche, dei blocchi del 2012 con l’oceano di bandiere siciliane. Dobbiamo disperdere questa specificità? Le Isole hanno una tragedia nella tragedia: sono autonome per finta e hanno classi politiche indegne. La Sicilia è commissariata da un assessore all’economia forestiero che ha dimostrato più volte di fare esclusivamente gli interessi esterni all’Isola. Il Presidente non conta. Lui va in TV a parlare di antimafia. E basta. Le decisioni vere, da vero genocidio economico, calano tutte dall’alto.

Contro un potere così non basta l’opposizione costruttiva. Contro un potere che cerca di mettere il bavaglio ai giornali on line e grava la Sicilia di un mutuo trentennale di un miliardo, della fiscalità di svantaggio e non solo, per soldi prestati a usura dallo Stato italiano con fondi sottratti alla Regione, e per di più per pagare imprese certo vicine al PD e non siciliane, contro un potere così non basta l’opposizione costruttiva. Male hanno fatto i 5 Stelle in Commissione Bilancio a non alzarsi e far mancare il numero legale. A mali estremi, estremi rimedi. Non è il momento del fioretto ma della sciabola, perché si sta decidendo della sopravvivenza dei nostri figli. Mai più errori tattici come questo.

In queste condizioni, con un Presidente senza maggioranza se non quella dei 46 che non vogliono perdere il vitalizio, bisognerebbe assediare il Palazzo dell’ARS, chiedere che votino d’urgenza l’istituzione dei referendum propositivi con i quali la Sicilia si riprenderebbe il proprio diritto a sopravvivere e dopo si sciolgano subito e vadano a casa.

Sulle grandi questioni il Popolo siciliano avrebbe così l’ultima parola. Anche sulle grandi questioni fiscali, doganali e monetarie, magari con valore consultivo vista la delicatezza delle questioni.

Solo in un momento eccezionale come questo si può ottenere una cosa del genere. E questo è uno dei momenti in cui i Siciliani, tutti, devono prendere il coraggio a quattro mani e ridiventare padroni del proprio destino. Sappiamo che è difficile dopo 600 anni di dominazioni, ma se non ora quando?

Non è una cosa che riguarda solo Mariano Ferro o chicchessia. Se c’è lui non ci sono io, ma chi c’è dietro, e così via. Non è una cosa che nessuno, da solo, possa controllare. È qualcosa che riguarda noi tutti. Dagli studenti che mai troveranno un lavoro stabile o pagato in modo decente, ai piccoli imprenditori strangolati dalla burocrazia e dal fisco e costretti a chiudere, agli impiegati e pensionati strangolati dal caro vita, ai cittadini che non trovano più né sanità, né istruzione, né alcun altro servizio pubblico, a tutti insomma, tranne pochi collaborazionisti, parassiti e usurai che godono di questo strazio continuo. O alzarsi in piedi, Siciliani, o soccombere per sempre.

E per questo oggi siamo tutti Forconi!

 

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