Arrivata in Italia circa due anni fa, la donna ospite in una centro di accoglienza del Trapanese ha realizzato degli abiti finiti in un calendario. «Siamo contenti per aver raggiunto l'obiettivo dell'integrazione», afferma l'operatrice. Guarda le foto
Dalla Nigeria in Sicilia coltivando il sogno da stilista La storia di Deborah e del suo Paceco African Fashion
«Abbiamo portato avanti un percorso di integrazione e di inclusione, coltivando le passioni di chi deve essere accolto. Per questo siamo contenti: purtroppo non sempre ogni migrante ha questa possibilità». Per Lorena Tortorici è difficile nascondere la felicità. Da pochi giorni, insieme alla sua equipe che operano all’interno del centro accoglienza di Paceco, in provincia di Trapani, gestito dalla cooperativa Badia Grande, ha reso possibile il sogno di Deborah, nigeriana arrivata in Italia circa due anni fa con la speranza di una vita migliore. La donna, dopo aver realizzato la sua linea di abiti, è stata assunta da una sartoria catanese. Tortorici, assistente sociale all’interno della cooperativa, illustra a MeridioNews il percorso che ha consentito a Deborah di mettersi in gioco e dare vita alle sue creazioni sartoriali. Ma non solo: gli abiti cuciti da Deborah, infatti, sono stati indossati durante una sfilata da altre otto donne beneficiarie del centro accoglienza e gli scatti sono finiti in un calendario. «L’idea è nata all’interno di un progetto multidisciplinare – afferma Lorena Tortorici – dedicato alle donne straniere adulte della provincia di Trapani. Tra le altre, Deborah nelle attività di gruppo ha dimostrato di avere una spiccata propensione verso l’arte del cucito».
Una volta presi tessuti, aghi e fili, Deborah concilia il suo modo di cucire con la sua cultura, dando vita a una variopinta collezione etnica, colorata e fresca, tanto da coinvolgere le altre donne del progetto. «Col tempo abbiamo assecondato questo entusiasmo del gruppo allestendo una sartoria vera e propria all’interno dei locali del nostro centro con manichini, tavoli per i cartamodelli e macchine da cucire – continua Tortorici – Tutte le beneficiarie del centro hanno collaborato alla creazione degli abiti e, prima ancora, nella progettazione. La collezione richiama la cultura africana».
A collaborare insieme a Deborah sono state le altre ospiti provenienti, oltre che dalla Nigeria, anche da Paesi come la Guinea, il Marocco e la Costa d’Avorio. Una volta realizzata, la collezione di abiti è uscita fuori dai locali della cooperativa, attirando le attenzioni e la collaborazione delle associazioni del Trapanese e l’interesse di alcuni studenti. «Il progetto, chiamato Paceco African Fashion, ha avuto una seconda fase – spiega l’operatrice – Grazie alle associazioni del territorio e all’Istituto Tecnologico Amico di Trapani c’è stata la possibilità di allestire una sfilata, con gli abiti indossati dalle altre donne del centro, che sono diventate modelle per un giorno».
Gli scatti fotografici e il calendario sono stati esposti in una mostra allestita nel salone Pio XI, vicino alla chiesa Matrice di Paceco. Tante iniziative che hanno permesso a Deborah di essere stata assunta in una sartoria catanese – che vuole restare anonima – e che non fanno perdere la speranza per una vera integrazione dei migranti giunti in Italia. «Ci occupiamo delle nostre beneficiarie, straniere adulte, a 360 gradi, offrendo loro servizi basilari e aggiuntivi per l’integrazione – conclude Tortorici – Crediamo che ciò che abbiamo raggiunto col progetto Paceco African Fashion sia una testimonianza vera e propria di integrazione e inclusione: fondamentale in questo senso è la mediazione linguistico-culturale, è il punto di partenza».