Dal terzo mistero di Fatima alle dimissioni del Papa

Piaccia o no, ma un pastore non abbandona mai il proprio gregge. Se lo fa, c’è qualche cosa che non funziona. E funziona ancora meno se il gregge è in pericolo. Nel caso delle dimissioni del Papa non sfugge una contraddizione. Lo stesso Santo Padre, nella lettera di congedo, ammette che il mondo di oggi è “soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede…”. Poi, però, decide di lasciare il proprio gregge. Riconoscendo di non avere la forza di reggere l’urto delle miserie del mondo di oggi. Riconoscere la propria debolezza è una manifestazione di intelligenza. Ma è la stessa intelligenza che dovrebbe sorreggere la fede?

Piaccia o no, ma le dimissioni del Papa, anche se in parte parzialmente annunciate in libri e discorsi, sono il segno dei tempi che viviamo: tempi che non lasciano presagire nulla di buono. Anzi.

Il mistero di queste ore – perché queste dimissioni di Papa Ratzinger sono misteriose, anche se non sfugge che oggi tutto è deciso dalla finanza mondiale più o meno ‘creativa’ – ci riporta a un’altra vicenda non meno misteriosa, legata anche al nome del Papa dimissionario: il terzo mistero di Fatima.

Nessun legame diretto, per carità: solo l’atmosfera un po’ misteriosa di una storia che comincia il 13 maggio del 1917, con l’apparizione della Madonna a tre pastorelli a Fatima, in Portogallo. A questo evento è legato un messaggio segreto che la Vergine Maria avrebbe consegnato ai ragazzi. La terza parte di questo segreto – la parte che ha fatto sempre discutere – venne scritta da Suor Lucia, l’unica dei tre pastorelli sopravvissuta (gli altri due si chiamavano Giacinta e Francisco e morirono giovani) nel 1944.

Il plico, si racconta per volere della Madonna, avrebbe dovuto essere aperto e reso noto nel 1960. Ma il Papa dell’epoca – Papa Giovanni XXIII, il “Papa buono” – si oppose. Per la cronaca, il terzo mistero di Fatima è stato reso noto nel 2000, su indicazione di Papa Giovanni Paolo II. Anche se – stando a quello che alcuni osservatori hanno scritto – sembra che non tutto il contenuto di questo terzo mistero sia stato svelato.

A quanto si sa, sembra che, oltre a Papa Wojtyla e a Suor Lucia, anche l’allora Cardinale Ratzinger conosceva il terzo segreto di Fatima. Quattro anni prima che venisse reso noto, nel 1996, in un’intervista a una radio portoghese, l’allora Cardinale Ratzinger aveva rasserenato gli animi, spiegando che in questo scritto non c’era nulla di cui preoccuparsi. Parole che suonavano in antitesi con chi aveva sempre legato il terzo mistero di Fatima a un’ipotetica fine del mondo.

Rileggiamo assieme le parole contenute le terzo segreto di Fatima, che è piuttosto semplice trovare nella rete.

“Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco ‘abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre’. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”.

In questo scritto si parla dell’uccisione di un Papa. Nel 1981 Papa Giovanni Paolo II fu vittima di un attentato. Il Santo Padre, com’è noto, riuscì a salvarsi. Papa Wojtyla è sempre stato convinto che, in quell’occasione, a salvarlo fu la Madonna, che impedì alla pallottola di colpire gli organi vitali. (a destra e in prima pagina, foto tratte da blog.libero.it)

L’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Cardinale Ratzinger, alla luce di questi eventi, interpretò tali fatti come la persecuzione dei cristiani. E come il tentativo di uccidere un vescovo vestito di bianco che, secondo i pastorelli di Fatima, avrebbe potuto essere il Papa.

La storia del terzo mistero di Fatima potrebbe continuare con altre interpretazioni. In ogni caso, come già accennato, il Papa si salvò.

Resta, come già ricordato, l’atmosfera un po’ sinistra che accompagna queste dimissioni del Papa. Che non sono un fatto ordinario. E che, anzi, come già accennato, danno la misura di una crisi che non ha risparmiato nemmeno un’istituzione secolare come la Chiesa. Nessuna fine del mondo. Ma la fine di un mondo, questa sì.

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Piaccia o no, ma un pastore non abbandona mai il proprio gregge. Se lo fa, c’è qualche cosa che non funziona. E funziona ancora meno se il gregge è in pericolo. Nel caso delle dimissioni del papa non sfugge una contraddizione. Lo stesso santo padre, nella lettera di congedo, ammette che il mondo di oggi è “soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede. . . ”. Poi, però, decide di lasciare il proprio gregge. Riconoscendo di non avere la forza di reggere l’urto delle miserie del mondo di oggi. Riconoscere la propria debolezza è una manifestazione di intelligenza. Ma è la stessa intelligenza che dovrebbe sorreggere la fede?

Piaccia o no, ma un pastore non abbandona mai il proprio gregge. Se lo fa, c’è qualche cosa che non funziona. E funziona ancora meno se il gregge è in pericolo. Nel caso delle dimissioni del papa non sfugge una contraddizione. Lo stesso santo padre, nella lettera di congedo, ammette che il mondo di oggi è “soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede. . . ”. Poi, però, decide di lasciare il proprio gregge. Riconoscendo di non avere la forza di reggere l’urto delle miserie del mondo di oggi. Riconoscere la propria debolezza è una manifestazione di intelligenza. Ma è la stessa intelligenza che dovrebbe sorreggere la fede?

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