Da Sud. Da Ragusa. Partendo sempre con lo spirito di chi ha un viaggio da primato dinanzi a sè. Forte la consapevolezza di un disagio da affrontare, forte di conseguenza lo spirito. La delegazione ragusana, a Roma con la CGIL per la maximanifestazione dell’ormai scorso 30 ottobre, parte in treno da Lentini, ultimo avamposto della ferrovia per chi si muove dagli iblei. Il caldo, nel pomeriggio del ventinove, è estivo: alle 18.30, quando la Freccia del Sud parte dalla cittadina del siracusano, ci sono venticinque gradi.

Il caldo, la Freccia. Cara, sgarrettata, Sicilia non cambi mai…

Dei quaranta partecipanti, tutti, studenti compresi, hanno già fatto esperienza del più famoso fra i treni da e per la Sicilia. Chi solo per viaggi organizzati dalla scuola, chi per muoversi da sedi universitarie del centro e del nord Italia, chi per la necessità di rientrare a casa, in anni di insegnamento fuorisede, a Natale o a Pasqua, quando gli aerei sono troppo cari o già pieni.

Ancora a Lentini, su un treno partito appena da Siracusa, un bagno su due è chiuso, l’altro inagibile. I passeggeri sanno fin da subito di poter fare affidamento solo sul loro senso di adattamento. Il resto è storia: più piacevole, senz’altro, il contatto con le persone della delegazione. Quaranta, si diceva: alcuni docenti delle scuole medie e superiori (precari e non), alcuni collaboratori scolastici, molte insegnanti delle scuole elementari, pochi studenti maggiorenni, una sindacalista della CGIL, Franca Clemente, una giornalista. Altri ragusani avrebbero raggiunto il gruppo a Roma, dove studiano o insegnano.

La notte sul treno, posto a sedere, passa tutto sommato velocemente fra gente che si conosce sul momento, e si racconta i frammenti più significativi dell’esistenza, e gente che si ritrova dopo anni e si scopre, ancora, piacevolmente vicina nelle idee, sicuramente disposta a lottare per la scuola pubblica.

All’alba, nonostante lo scetticismo di tutti, il treno giunge puntuale alla stazione romana di Termini. L’assalto ai bagni, ottanta centesimi a ingresso, e ai bar si svolge secondo il consueto copione, quello in cui i siciliani devono arrivare a destinazione simili a sfollati.

Eppure arrivano per primi a Roma; poco dopo, un treno dal Piemonte.

Intorno alle otto, quando l’assembramento è appena all’inizio, piazza della Repubblica si trova sotto un battente temporale e, insieme ai palloncini per la manifestazione, i sindacati distribuiscono anche mantelle antipioggia. I portici offrono rifugio a molti.

Alle nove e mezza l’assembramento è notevole. Nuovi gruppi di lavoratori della scuola, non riuscendo più ad arrivare in piazza direttamente dalla stazione, affluiscono dalle vie laterali intasandole. Alle 10, con passi millimetrici, avanzano i primi da Piazza della Repubblica.

Frattanto, altri tre cortei, partiti da altri nodi nevralgici della Capitale, si dirigono verso piazza del Popolo. Dalle dieci alle undici e mezza non si sta che in piedi, aspettando di poter fare qualche passo. A mezzogiorno, quando i sindacati pronunciano il loro discorso agli astanti, in piazza del Popolo, gran parte della folla di piazza della Repubblica si era spostata di soli dieci metri. Anche la delegazione nostrana si è trovata fra coloro che non hanno potuto raggiungere la piazza se non all’una e mezza, quando il discorso era già finito e l’assemblea sciolta. Dietro, tuttavia, moltissime altre persone arrivavano a destinazione ancora alle tre del pomeriggio. Altre, nei loro pullmann, sono rimaste bloccate nel raccordo anulare.

Mai visto niente di simile.

Ciò che si è percepito, in quanti si trovavano alla manifestazione, è stato veramente il bisogno di esserci, di trovarsi, alla stessa ora, nello stesso posto per dar forma ad un’idea.

Fuori dalle finestre dei palazzi che si trovavano sul percorso, alcune manifestazioni di solidarietà: applausi, saluti e sventolare di sciarpe colorate.

Qualcuno ha assemblato anche uno striscione, una lettera per foglio A4, scrivendo: GRAAAAAANDI!

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Melania Schembari

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