Da Catania a Tripoli, gruppo vuole fermare le Ong In nave per aiutare libici a portare indietro i migranti

Arrivare a Tripoli, passando prima per Catania. Mentre il governo italiano e gli alleati europei decidono di aumentare i finanziamenti al governo libico con l’obiettivo di frenare i flussi migratori, c’è chi si spinge oltre: Generazione Identitaria, gruppo internazionale di estrema destra, ha noleggiato una nave con cui affiancherà la guardia costiera libica nel tentativo di intercettare i barconi e riportarli indietro. In un Paese, la Libia appunto, dove secondo l’Organizzazione delle Nazioni unite e Amnesty International si violano sistematicamente i basilari diritti umani e i migranti vengono torturati. 

Generazione Identitaria, gruppo per lo più giovanile diffuso in otto Paesi europei, nasce in Italia sul modello dei cugini francesi (Les Identitaires, a destra del Front National di Marine Le Pen) per opporsi al multiculuralismo e combattere l’immigrazione verso il vecchio continente. Negli ultimi mesi ha trovato nelle Ong il nemico da combattere. «Vogliamo sostituirci allo Stato con azioni di disobbedienza civile», hanno spiegato nei numerosi incontri che hanno tenuto nelle settimane scorse in giro per l’Italia con lo scopo di cercare adepti e fondi. La prima tappa è stata proprio a Catania dove, lo scorso 9 giugno all’Hotel Plaza, hanno partecipato una dozzina di persone, tra cui alcuni giovani del centro sociale di destra Cervantes. Più successo hanno invece riscosso negli incontri in Nord Italia (Brescia e Bolzano). Alla fine della campagna di sponsorizzazione, e nonostante Paypal abbia bloccato la possibilità di effettuare donazioni a loro favore, gli identitari hanno racimolato circa 75mila euro. «Tutte piccole donazioni», giura Lorenzo Fiato, il referente italiano dell’associazione, giovane milanese che in passato ha partecipato al Talebano, think thank di Vincenzo Sofo, tra i teorici della nuova Lega Nord di Salvini. 

Con questi soldi Generazione Identitaria ha noleggiato una nave e un euipaggio in grado di guidarla. L’imbarcazione batte bandiera di Gibuti e si chiama C-Star, prima si chiamava Suunta con bandiera della Mongolia. «È di alcuni privati che ci hanno fatto un notevole sconto per l’affitto: 60mila euro per tre settimane – sottolinea Fiato a MeridioNews -. Attualmente viaggia a largo dell’Egitto e dovrebbe arrivare a Catania il 22 luglio. Dopo andremo verso la Libia e ci fermereno nella zona Sar (Search and rescue)». Già il 13 maggio, nel porto etneo, il gruppo ha messo in atto un’azione simbolica tentando di ostacolare l’uscita in mare della nave di Sos Mediterranee, ma il loro tentativo fu immediatamente bloccato dalla Guardia costiera. 

Stavolta numerose associazioni siciliane (Rete Antirazzista Catanese, Comitato NoMuos/NoSigonella, Catania Bene Comune, USB fed. Ct, Città Felice, La RagnaTela, Cobas Scuola-Ct, PRC- Ct, PCI fed.Ct, Briganti rugby Librino, la Librineria, Associazione mundis pacem, Open Mind lgbt, Femministorie, movimento Laikal, Collettivo Politico Experia, Comunità di Sant’Egidio, Arci Catania) hanno scritto una lettera al ministro delle Infrastrutture, al presidente della Regione Sicilia, al prefetto, al questore, al presidente dell’autorità portuale, al comandante della capitaneria e al sindaco di Catania, chiedendo di impedire l’attracco della C-Star nel porto siciliano. «Sarebbe assai grave – scrivono – che si concedesse l’attracco e l’utilizzo delle infrastrutture pubbliche a organizzazioni che hanno l’intento di compiere azioni paramilitari nel mar Mediterraneo, intercettando imbarcazioni di migranti e arrogandosi il diritto di intervenire consegnando i naufraghi alla guardia costiera libica e violando di fatto l’obbligo di legge che vuole l’accompagnamento verso il porto più sicuro, non certo quello libico».

Nunzio Martello, contrammiraglio della Capitaneria di Porto di Catania, fa sapere che «ancora nessuna richiesta di approdo della C-Star ci è giunta. Ma in ogni caso – dice – ci comporteremo ed effettueremo i controlli come facciamo con tutti i mercantili. Non c’è nulla di particolare a cui prestare attenzione».

L’obiettivo di Generazione Identitaria rispetta le norme del diritto internazionale? «Mi sembra una cosa che comporta numerosi problemi – spiega Francesca De Vittor, docente di Diritto Internazionale dell’Università Cattolica di Milano, specializzata in diritto dell’immigrazione e dell’asilo -. Bisognerà vedere quali azioni metteranno in pratica, ma l’ostacolo ai soccorsi di persone in pericolo di vita comporta chiaramente seri profili di responsabilità penale. E se in qualche modo la guardia costiera libica accetterà di avvalersi dei loro servizi, diventano di fatto un organo della Libia e il governo libico sarà responsabile anche delle loro azioni». 

Già da diverse settimane la guardia costiera libica è impegnata a intercettare i gommoni di migranti e riportarli indietro, anche a costo di entrare in rotta di collissione con le Ong. Il tutto grazie anche ai finanziamenti dell’Italia e dell’Unione europea. «Riportare queste persone nei campi libici può rappresentare una collaborazione a un atto di tortura – precisa la professoressa De Vittor – e questo vale per Generazione Identitaria, così come per il governo italiano. L’Italia diventa parzialmente responsabile nelle violazioni commesse dalla Libia. Sia che le azioni dei libici e di Generazione Identitaria avvengano in acque territoriali libiche sia che avvengano in acque internazionali. Esiste il diritto umano di lasciare qualunque Paese, incluso il proprio. Impedire questo diritto è un illecito».

A bordo della nave di Generazione identitaria ci saranno 12 attivisti provenienti da Italia (nessun siciliano), Francia, Austria e Germania. Più un equipaggio di professionisti stipendiati. Nei prossimi giorni si dovrebbe tenere un incontro a Tripoli con alcuni referenti della Guardia costiera libica. In particolare con l’ammiraglio Ayob Amr Ghasem, protavoce della Marina libica. Lo stesso che, lo scorso 10 giugno, ha accusato le Ong di conoscere il punto esatto dove intercettare i barconi dei migranti.

Salvo Catalano

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