Il cugino di Matteo Messina Denaro dovrebbe andare in carcere per mafia, ma non si trova

C’è un cugino di Matteo Messina Denaro che dovrebbe andare in carcere, ma risulta irreperibile. La richiesta d’arresto per il 77enne Paolo Aurelio Errante Parrino era stata bocciata dal giudice per le indagini preliminari. Poi il Riesame ha accolto il ricorso della Direzione distrettuale antimafia di Milano e la Cassazione ha confermato quella decisone e disposto la custodia cautelare in carcere che oggi doveva essere eseguita. Ora, però, l’uomo – che è uno degli indagati della maxi-inchiesta Hydra sulla alleanza delle tre mafie – non si trova.

Residente ad Abbiategrasso (nel Milanese) ma collegato al clan di Castelvetrano (nel Trapanese), secondo gli inquirenti, Parrino sarebbe stato il «punto di raccordo» tra il «sistema mafioso» in Lombardia. L’uomo che avrebbe unito Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra a Matteo Messina Denaro, che era suo cugino da parte di madre. La decisione del Riesame, che ha riconosciuto l’imputazione principale di associazione mafiosa – come contestata dal procuratore Marcello Viola e dalla pubblico ministero Alessandra Cerreti – era arrivata lo scorso ottobre, dopo che il giudice per le indagini preliminari Tommaso Perna nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo undici arresti. E bocciando l’accusa sul consorzio delle tre mafie, ribattezzato dai pm «sistema mafioso lombardo». In questi giorni, la Cassazione sta respingendo i ricorsi delle difese contro il Riesame, come quello discusso ieri dalla difesa di Parrino. Alcuni arresti sono già stati effettuati nei giorni scorsi, mentre il 77enne ancora non si trova.

 Il caso Hydra aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti. Nei giorni scorsi, dopo le prime decisioni della Cassazione di conferma del Riesame, sono stati arrestati diversi indagati, tra cui anche Gioacchino Amico, ritenuto al vertice della «struttura unitaria» lombarda per conto della camorra del clan dei Senese. Poi scarcerato, però, per motivi procedurali, perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati riconosciuti dal gip nella stessa inchiesta. Anche altri, come Massimo Rosi, considerato un esponente di vertice per la ‘ndrangheta, sono stati scarcerati per questo motivo.

Il Riesame, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, aveva disposto il carcere per 41 indagati e le udienze in Cassazione andranno avanti fino a metà febbraio. Per il Riesame deve andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, ritenuto al vertice per conto di Cosa nostra (l’udienza in Cassazione si terrà la prossima settimana). Secondo le indagini della Direzione distrettuale antimafia, Parrino avrebbe anche passato a Messina Denaro «comunicazioni relative ad argomenti esiziali», mentre era latitante. Anche perché, secondo la ricostruzione dell’accusa, l’ex primula rossa di Cosa nostra avrebbe avuto un interesse diretto «negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo».


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