Crudeli giochi divertenti

“Funny Games. Possiamo cominciare?” è il remake americano shot-for-shot (cioè identico all’originale ma con interpreti diversi) dell’omonimo film austriaco “Funny Games” di Michael Haneke, uscito nelle sale nel 1997. Stessa storia quindi, stessa regia ma interpreti diversi, tra cui Naomi Watts, Tim Roth e Michael Pitt. E stessa violenza della prima versione di unidici anni fa. I “funny games” annunciati dal titolo non sono altro che atroci crudeltà con cui i due giovani protagonisti del film si divertono a torturare le loro vittime innocenti, raccattate per caso, come in un gioco. Infatti, a causa della presenza di scene ad alto contenuto violento, la visione del film è stata vietata al pubblico con età inferiore ai 14 anni.

Anne (Naomi Watts), insieme al marito George (Tim Roth) e al figlio Georgie, si recano in macchina nella loro casa delle vacanze, per trascorrervi l’estate. Sembra una giornata normale. La famiglia perfetta è felice come al solito. In macchina cantano insieme alla radio e giocano. Una volta arrivati a destinazione, i protagonisti incontrano i loro amici e vicini di casa, Eva e Fred, per passare con loro la giornata. Mentre George e il figlio vanno al molo a sistemare la barca per fare una gita al largo, Anne rimane in casa a preparare la cena. Inaspettatamente la donna si ritrova di fronte Peter (Brady Corbet), un ragazzo conosciuto poco tempo prima a casa dei vicini, che si è introdotto in casa per chiedere delle uova. Poco dopo arriva anche Paul (Michael Pitt), amico di Peter. I due ragazzi sembrano molto gentili e garbati: sono educati e vestono totalmente di bianco, compresi candidi guanti sulle mani. Ma la cortesia dei due si trasforma ben presto in insistenza, tanto da diventare molesti e costringere Anne a chiedere loro di andarsene via; i due, però, si riufiutano. Improvvisamente scatta la scintilla della violenza: Peter e Paul feriscono George, nel frattempo rientrato in casa, a una gamba con una mazza da golf e prendono letteralmente in ostaggio la povera famiglia, torturandola con meschini e umilianti giochetti, raggiungendo sempre più alti livelli di crudeltà.

Ossessivo e angosciante, il film è un viaggio inquietante nella mente di due psicopatici con la faccia pulita, che uccidono e torturano per gioco, forse per noia. Resta la violenza gratuita, nuda e cruda, percepita tramite i suoni e le sensazioni; il terrore di una visita inaspettata che si trasforma in un incubo. Quasi mai si vede il sangue o la morte, ma si percepisce tramite le urla delle vittime e i volti di chi a quella violenza ha assistito. Una critica alla società moderna, alla violenza stessa che ci spaventa, ma che ci piace guardare nei film horror, in tv, nei reality show. Il film è interminabile, la spettacolo terribile che passa sullo schermo si dilata nel tempo, sfianca, sfinisce. Il ritmo è lento, scandito però da picchi che ne battono il tempo e tengono lo spettatore incollato alla poltrona a chiedersi: e adesso che succede?

Funny Games, per quanto facilmente assimilabile ad “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, non ne regge completamente il paragone: se il bianco dei vestiti di Peter e Paul è lo stesso bianco dei drughi, se la violenza è scaturita nei giovani dalla stessa noia e con la stessa facilità, se la faccia d’angelo dei due amici della casa sul lago è la stessa faccia angelica di Alex, manca però tutto un contesto di base che rende la pellicola di Kubrick un capolavoro, lasciando invece il lavoro di Haneke un film da vedere e nulla più.

Ottima l’interpretazine degli attori, dal terrore di Naomi Watts e la sofferenza di Tim Roth, allo sguardo e la smorfia dolcemente sadici di Michael Pitt. Bella anche la scelta di colori chiari, vivi e radiosi della località estiva delle vacanze e del candido abbigliamento dei due aguzzini da contrapporre alla torbida e nera sensazione che trasmette la brutalità delle immagini che si susseguono all’interno della casa.

Violento sì, ma per chi regge la violenza, assolutamente consigliato.


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