Una città trasformata dall'emergenza Coronavirus. Che sembra aver perso, da un giorno all'altro, quel suo brulicare incessante di vita. «Le ansie e le psicosi fanno tanto, ci sono malumori palpabilissimi», raccontano chi si è ritrovato in una città paralizzata
Cronache palermitane da una Milano fantasma «Per strada ci si guarda con un certo sospetto»
Da città caotica crocevia di incontri ed eventi internazionali a luogo fantasma. Dopo i numerosi casi di contagio da Coronavirus, Milano si è di colpo come desertificata. Piazza Duomo si è svuotata, negozi e ristoranti pure, i bar chiudono nel pomeriggio obbedendo a una sorta di moderno coprifuoco imposto dall’emergenza. Si è trasformata, nel giro di pochi giorni, in quella che tanti hanno chiamato “zona rossa”. «Milano ai tempi del Coronavirus è una città super contraddittoria», racconta a MeridioNews Maria, palermitana che si è trasferita alcuni mesi fa nella capitale della moda per lavoro. «Da un lato c’è la voglia di reagire: la gente si organizzare in casa o ha voglia di uscire, c’è chi continua ad andare in ufficio come fosse la normalità. Dall’altro lato è però paralizzata – racconta -, negozi chiusi, ristoranti semi deserti, metro super vuote dove ogni mattina ormai riesco addirittura a trovare posto e le persone, quando ci sono, stanno sedute un posto sì e uno no».
Chi non vuole o non può chiudersi in casa, porta in giro una certa diffidenza verso il prossimo. «Le persone camminano svelte e ti guardano con sospetto – continua a dire la ragazza -, anche se le mascherine non sono poi così tante. È molto strana questa Milano ai tempi del Coronavirus. Sicuramente non è quella che ho conosciuto io i primi tempi che son venuta qui». I primi a subire gli effetti dell’emergenza virus sono stati, prima ancora che milanesi ed emigrati, i commercianti cinesi, che hanno come chiuso le porte della famosa Chinatown milanese, oggi deserta. «I cinesi si sono messi tutti in quarantena volontaria, non c’è un negozio cinese ancora aperto: sushi, estetiste, negozi di elettrodomestici, niente». Uno scenario quasi surreale, molto distante da come solo fino a poco più di un mese fa appariva la città.
«La vita va avanti comunque, a parte le ansie e le psicosi, che purtroppo fanno tanto», racconta anche Giacomo, un altro palermitano emigrato a Milano dopo essere stato assunto ormai due anni fa nella filiale di una banca. «Ci sono malumori palpabilissimi ovunque, soprattutto in ufficio – racconta -. In realtà, però, non è che sia proprio fantasma, anche se durante i miei spostamenti da casa a lavoro quello che mi colpisce di più ogni giorno sono i mezzi: si sono svuotati praticamente come la Milano di agosto». Gli stessi che, anticipando anche gli orari sui cartelloni che ne scandiscono attese e fermate per i viaggiatori, sono solitamente presi d’assalto, effetto forse tra i più evidenti di quel brulicare incessante di vita che in città come Milano non si ferma mai. O quasi.
Oltre all’inusuale deserto, si fa i conti anche con le nuove pratiche che stanno divenendo quotidianità. «Qualche mattina fa mi ha fatto molta impressione la stazione sotto casa – torna a dire Giacomo -, perché era stata probabilmente appena lavata e nell’aria c’era solo un odore fortissimo di igienizzante. In giro, chi ha le mascherine cammina con quelle indosso e porta anche i guanti. Io non li ho, in compenso mi sono ritrovato a casa un’amuchina acquistata prima dell’emergenza, uso quella. Mentre in ufficio è stata addirittura l’azienda che si è premurata di fornircela già da settimane, lì la usiamo costantemente». Intanto, la bozza di uno dei due nuovi decreti ministeriali preparati ieri sera non solo amplia la zona rossa ma impone il divieto assoluto di entrata e uscita dalla Lombardia fino al 3 aprile: «Praticamente siamo blindati».