Inaugura il suo tour questa sera, al Palazzo Platamone. Ma la cantante etnea, che suona lo stesso genere di Amy Winehouse, ha alle spalle una carriera iniziata a 17 anni, quando è stato prodotto il suo primo album. Adesso di anni ne ha 35 e non ha mai smesso di fare musica. Guarda il video
Cristina Russo, quando il soul parla catanese «Una piccola carriera per sfondare senza talent»
Innamorata del jazz, con una voce possente e il suo ciuffo argenteo, che ormai la contraddistingue, Cristina Russo è la cantante catanese che ha tentato il grande salto verso il Festival di Sanremo 2016. Appassionata di musica sin da bambina, ha iniziato a dilettarsi con microfono e registratore a soli cinque anni, e a 17 aveva auto prodotto il suo primo album, insieme alla band rock-noise Guernica. Oggi, a 35 anni, laureata in Economia e commercio, con anni di studi di canto pop ed esperienze musicali importanti alle spalle, come la collaborazione con Fabio Concato, comincia il suo tour dal Palazzo Platamone di Catania.
Selezionata tra oltre 600 artisti candidati alle Nuove proposte sanremesi, ha avuto l’occasione di rientrare tra i 60 che si sono esibiti davanti a una giuria di tutto rispetto, composta fra gli altri da Carlo Conti, Piero Chiambretti, Rosita Celentano e Giovanni Allevi. Non ha però superato lo step successivo, quello che l’avrebbe condotta alle semifinali, non nascondendo un po’ di delusione: «Pensavo, onestamente, di essere dentro, insieme a Madh (X-Factor 8) e ad altri artisti in gamba, proprio perché ho seguito un percorso di studi e fatto delle esperienze che mi hanno permesso di maturare e costruire una piccola carriera alle mie spalle».
Una preparazione musicale non da poco e una vera e propria gavetta nel mondo della musica non sono però bastate, forse a vantaggio di chi era già conosciuto al grande pubblico e alla giuria grazie alla partecipazione a un talent. A questo proposito Russo dichiara di essere sempre rimasta volutamente lontano da questo genere di esperienze: «Mi sta antipatico il fatto che un artista sia bravo per l’Italia solo se va in tv. Oggi comunque riconosco che sia quasi un passo obbligatorio, non soltanto una cosa di tendenza».
Ma Cristina non demorde, crede nella sua musica e guarda avanti: «Il mio prossimo passo sarà la promozione del singolo La barca blu, che anticipa il mio nuovo disco in stile blue hide soul». Il cosiddetto soul dei bianchi, lo stesso portato al successo, fra gli altri, da Amy Winehouse. Una canzone, prodotta da Marco Di Dio, dal testo semplice e d’impatto, definito dalla stessa artista un po’ arrabbiato. Sentimento quest’ultimo scaturito in lei soprattutto «dal menefreghismo e dalla superficialità della gente. Perché a volte, “per questa società liquida che si adatta alla forma che le viene data dal contenitore del momento, la sua bellezza è fondata sul niente”», spiega Cristina, citando la sua canzone.
Il lancio del brano avviene contestualmente a quello del videoclip, che vede l’artista protagonista nella sua quotidianità. Ma che in qualche modo viene violata e porta alla luce un suo segreto: «Il concept del video è stato scritto insieme a due amici: Antonella Barbera e Fabio Leone. Si voleva parlare dell’immigrazione, di quello che succede nel mondo. Il punto di vista di una persona normale che con amore aiuta un altro essere umano». Nello specifico, un’immigrata. «Una donna, magari madre come me, che viene strappata alla sua terra e ai suoi cari in cerca di un barlume di serenità, in cambio di un lavoro. Una donna che ha visto morire altri amici in quella barca che scompare per sempre. Quella stessa donna è la metafora de la barca blu per noi che guardiamo da uno schermo in tv».