La polizia di Palermo ha raccolto la testimonianza di un gruppo di migranti - nigeriani e ghanesi - di fede cristiana. Sarebbero stati minacciati da una quindicina di uomini musulmani di essere abbandonati in acqua. Poi sarebbero passati dalle parole ai fatti. I superstiti si sarebbero difesi con una catena umana
Cristiani buttati in mare dal gommone, 15 fermati Omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso
Prima minacciati di essere abbandonati in acqua perché cristiani, poi 12 di loro sarebbero stati gettati in mare e lasciati morire. E’ la testimonianza di un gruppo di migranti ghanesi e nigeriani, di religione cristiana, arrivati ieri a Palermo a bordo della nave Ellensborg. La polizia ha già fermato 15 persone, tra cui uno che ha detto di avere 17 anni, – riconosciute dagli altri migranti – indagate per omicidio plurimo, aggravato dall’odio religioso. Ci sarebbero dichiarazioni concordanti e riscontrate.
I fermati – di nazionalità ivoriana, malese e senegalese e di fede musulmana – avrebbero agito al culmine di una lite. Sono circa una decina i testimoni che hanno raccontato di essere partiti dalla Libia il 14 aprile su un gommone. I migranti hanno riconosciuto i presunti assassini in fotografia, dicono dalla procura palermitana. In totale sarebbero state 105 persone, in prevalenza originarie della Costa d’Avorio e del Senegal. Durante il viaggio nel Canale di Sicilia la minoranza nigeriana e ghanese cattolica sarebbe stata minacciata da una quindicina di migranti musulmani – provenienti da Mali, Senegal, Costa d’Avorio e Guinea Bissau – di essere lasciata in mare, proprio perché cristiani.
Dalle parole sarebbero poi passati ai fatti, buttando in acqua dodici persone. La polizia sottolinea che «i superstiti si sarebbero salvati soltanto perché oppostisi strenuamente al tentativo di annegamento, in alcune casi formando anche una vera e propria catena umana».
Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha firmato l’autorizzazione a procedere per i 15 migranti accusati di omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso. L’atto del ministro è legato al fatto che il caso è avvenuto in acque internazionali. Nonostante i presunti omicidi siano avvenuti in acque internazionali e il reato sia stato commesso da cittadini stranieri, la norma permette alla Procura di procedere perché gli indagati si trovano in Italia e i reati (l’omicidio plurimo in questo caso) sono puniti con pene alte. Domani davanti al gip ci sarà l’udienza di convalida dei fermi.