Crisi della finanza pubblica: in Italia i Comuni e le Province pagano per tutti!

GLI ENTI LOCALI, NEL COMPLESSO, INCIDONO SULLA SPESA TOTALE DELLO STATO PER MENO DEL 10 PER CENTO. MA CONTINUANO AD ESSERE TARTASSATI. UNO STUDIO DELL’IFEL FA GIUSTIZIA DI TUTTE LE FANDONIE RACCONTATE IN QUESTI ANNI

Stanchi di pagare sempre per primi, i Comuni italiani hanno commissionato uno studio all’Ifel, l’Istituto della finanza degli enti locali. Da questo lavoro vengono fuori dati che fanno riflettere. Numeri che possono essere sintetizzati nel seguente ragionamento: i Comuni italiani, negli ultimi anni, hanno pagato molto pe ril risanamento del nostro Paese, ma continuano ad essere penalizzati.

In questi giorni il Parlamento nazionale sta discutendo la legge di Stabilità, che, com’è noto, ha preso il posto di Bilancio e Finanziaria. Ebbene, i tagli per i Comuni, pesantissimi negli ultimi anni, non mancano nemmeno per quest’anno. Ma a ben vedere – lo dimostrano a dati che ora illustreremo per sommi capi – a pagare di più dovrebbero essere altri settori dello Stato.

Dal prospetto delle spese totali della Pubblica amministrazione italiana emerge che a costare di meno sono le Province, con appena l’1,3 per cento della spesa. Eppure si cerca di sopprimerle, come se il problema risiedesse in queste istituzioni che sono le meno spendaccione e costano di meno! Potenza dell’informazione italiana!

I Comuni italiani – tutti i Comuni del nostro Paese – incidono sul totale della spesa pubblica per il 7,6 per cento. Eppure, negli ultimi anni, sono stati falcidiati dai tagli da parte dello Stato. Con il risultato di fornire servizi sempre più scadenti ai cittadini. E, in alcuni casi, per non fornirli affatto.

E’ il caso della Sicilia. Dove i Comuni hanno subito un doppio taglio da parte dello Stato: tagli nei trasferimenti ordinari e mancati rimborsi – chiamiamoli così – per la mancata applicazione della legge nazionale sul federalismo fiscale.

Ai tagli, pesantissimi, operati dallo Stato ai danni dei Comuni siciliani si aggiungono i tagli, altrettanto pesanti, operati dalla Regione. Basti pensare che, negli ultimi due anni, il fondo regionale delle Autonomie locali è passato da 900 milioni di euro all’anno a 450 milioni di euro circa. Un taglio del 50 per cento (e questo 50 per cento, per inciso, a metà novembre non è stato ancora saldato!).

Vero è che, alla fine degli anni ’70 del secolo passato, quando la Regione – presidente era Piersanti Mattarella – pensò di intervenire in favore dei Comuni con risorse in conto capitale (cioè per investimenti) nessuno immaginava che tali fondi sarebbero stati trasformati in spesa corrente. Ma questa ‘trasformazione’ non può certo essere imputata agli attuali Sindaci dei Comuni siciliani, che hanno ereditato situazioni finanziarie pesantissime.

Mentre si massacrano Province e Comuni, scopriamo un altro dato interessante: e cioè che Regioni e sanità incidono, sul totale della spesa pubblica, per il 18 per cento circa.

Da ciò deduciamo che tutte le polemiche sulla sanità italiana – a parte gli sprechi e le ruberie, che ci sono – sono pretestuose. 

Numeri alla mano, la spesa sanitaria italiana non è elevatissima come cercano di farci credere. Anzi, ha subito pesantissimi tagli negli ultimi cinque anni. Da qui una battaglia sacrosante per evitare che arrivino altri tagli.

Chi ‘inghiotte’ quasi il 30 per cento delle spese sono le altre articolazioni dello Stato: il Governo, il Parlamento, i ministeri, la magistratura e, in generale, gli uffici statali. E’ qui che dovrebbero concentrarsi i tagli: ma è qui che i tagli non arrivano mai (la ‘famigerata ‘casta’ che sfugge sempre all’austerità).

Va ancora peggio con gli enti previdenziali, che assorbono quasi il 40 per cento della spesa dello Stato. Ci sono, è vero, tanti pensionati. Ma ci sono anche tante mega-pensioni che non vengono mai sfiorate. Invece di ridurre le tantissime pensioni superiori a 10 mila euro al mese, si preferisce tagliare i servizi sociali ai Comuni o sopprimere le Province!

Per la cronaca, rimane, tra le spese, un 4 per cento di costi vari.

 

Dello studio dell’Ifel colpisce un altro dato: fatto cento l’indebitamento dello Stato, i Comuni italiani partecipano a tale indebitamento per appena il 2,5 per cento. Mentre il 97,5 per cento è da addebitare alle altre pubbliche amministrazioni del nostro Paese.

Un altro motivo in più per non effettuare altri tagli ai Comuni.

Altro dato: il concorso al risanamento dei conti dello Stato. I Comuni, negli ultimi 8 anni, hanno contribuito al risanamento dei conti dello Stato con 16 miliardi di euro: 7,5 miliardi circa di tagli subiti e 8,5 miliardi di somme bloccate dal Patto di stabilità, l’ultima trovata demenziale che la Germania della Merkel ha imposto all’Unione europea: avere i soldi e non poterli spenderli.

Su questo punto – e scusate la digressione – nessuno, chissà perché, ha ancora calcolato quanto ha inciso, in termini negativi, il Pattyo di stabilità sulla mancata spesa dei fondi strutturali nelle Regioni ad Obiettivo Convergenza: solo un’Unione europea truffaldina può stanziare i soldi per le aree in difficoltà dicendo, contemporaneamente: ti do i soldi, ma non puoi spenderli!

 


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