«Abbiamo trascorso una notte tremenda, al freddo e dentro una stanza dichiarata chiusi per Covid-19». La voce è quella di Gianna, marsalese che con due concittadini lavora sulle navi crociere. I tre, e con loro un’altra decina di siciliani, da ieri sono fermi a Villa San Giovanni, dopo che la polizia ferroviaria li ha bloccati, impedendo loro di salire sul traghetto per Messina. Lo stop rientra tra le misure previste dal decreto interministeriale sul divieto di spostamento tra un comune e l’altro, la cui applicazione è stata invocata a gran voce dal governo Musumeci e dal sindaco messinese Cateno De Luca.
Il contesto è quello che da giorni tiene banco: l’esigenza di contenere la diffusione dell’epidemia di Covid-19 passa dall’isolamento delle persone e ogni spostamento può, in potenza, fare crescere il numero dei contagi. Al contempo, però, sono tante le vicende personali che restano impigliate nelle maglie di un sistema, quello dei controlli, che ha fatto fatica a mettersi in moto. «Ci hanno bloccato dicendo che non abbiamo il diritto a tornare a casa, ma non è vero. Noi – racconta la donna – non ci siamo spostati da un centro all’altro, ma siamo tornati dal Brasile, in nave. Ed è in nave che abbiamo fatto la quarantena com’è giusto che fosse, anche se nessun caso di positività c’è stato a bordo».
Motivazioni che non sono state accolte dalla Polfer di Villa San Giovanni. A differenza di quanto accaduto ieri mattina a Roma. «Siamo scesi dalla nave con il consenso della polizia e alla stazione Termini di Roma la Polfer ci ha controllato le autocertificazioni, dicendoci che potevamo tornare a casa. Arrivati però agli imbarcaderi siamo stati sbattuti in una panchina», è la denuncia della donna. Accanto a lei, oltre ai colleghi di lavoro, ci sono persone con storie diverse: chi ha perso il lavoro e ha scelto di tornare, nonostante il decreto, per cercare di aiutare la famiglia in Sicilia, chi non riesce a pagare l’affitto e un uomo che vorrebbe ricongiungersi alla figlia malata. «Non è un trattamento umano quello che ci stanno riservando. Siamo anche senza cibo», continua.
In totale sono state 230 le persone bloccate agli imbarcaderi ieri. Per circa 150 di loro, alla fine l’arrivo in Sicilia è stato possibile, anche grazie all’impegno del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che ha scortato il gruppo fino al porto della città da dove si sono imbarcati. A rimanere in attesa di una risposta è circa un’ottantina di persone. «Non ne abbiano notizia di loro, non saprei dove si trovano in questo momento – racconta la marsalese -. Noi siamo qui in tredici, pretendiamo una risposta. Nessuno si merita quello che stiamo passando».
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