Costa Sud, la nuova Mondello che non lo è La speranza cova tra rifiuti e troppa incuria

«La Costa Sud sarà la nuova Mondello». Erano trionfali le parole del sindaco Leoluca Orlando appena venuto in possesso dell’ultimo rapporto dell’Arpa che sentenziava che, dopo circa mezzo secolo, il mare a sud di Sant’Erasmo era da considerarsi di nuovo balneabile. Una notizia che ha subito dato il via a progetti, stanziamenti e idee per trasformare in realtà il sogno di una spiaggia a pochissimi passi dalle case di molti palermitani. Un gioiello, questo nei piani dovrebbe diventare, a portata di autobus, di tram, ma anche di bicicletta. Su questo si sarebbe fondata anche una parte saliente della campagna elettorale di Orlando nel tentativo di continuare ad amministrare anche per il prossimo quinquennio. E che adesso che l’agone per l’assegnazione della poltrona più importante di Palazzo delle Aquile è entrato nel vivo, offre spunti di critica agli avversari politici del sindaco della primavera. No, la Costa Sud è ancora ben lontana dall’essere quel gioiello che i palermitani aspettano da tempo. La situazione, tuttavia, passeggiando sulla spiaggia, seppure ancora inaccettabile, non appare così drammatica come la presentano i più agguerriti censori di Orlando. Specie se si pensa a come appariva questa porzione di litorale solo pochi anni fa. 

Osservando la spiaggia da una delle collinette che interrompono di tanto in tanto il tratto balneabile l’immondizia si illumina con il sole pomeridiano di marzo. Bottiglie, qualche copertone, persino giocattoli e oggetti di vario tipo incorniciano il bagnasciuga, ammucchiati dalle onde. Un quadro che però non deve trarre in inganno. Seppure poco edificante, infatti, rientra nella normale attività del mare d’inverno che, tra mareggiate e una minore frequentazione della spiaggia, riversa sulla costa, insieme a tronchi, canne e alghe, anche molti rifiuti. Non bisogna dimenticare inoltre che proprio le colline ricoperte dalla vegetazione lungo la costa sono stracolme al loro interno di calcinacci e immondizia di ogni genere. Un peccato originale che Palermo si porta dagli anni bui del Sacco e della speculazione edilizia e che il mare puntualmente tira giù con la sua forza erosiva e puntualmente restituisce. Niente che con una pulizia accurata, ma soprattutto costante, non si possa arginare. Insomma, niente a che vedere con le carcasse di auto bruciate di un tempo, anche se questa non può e non deve essere una giustificazione. 

Altro discorso, invece, è quello che riguarda la manutenzione. L’erba nell’area verde a ridosso della strada è stata tagliata da poco, si nota. Le piante non scoppiano di salute ma resistono bene. Le strutture no. Il pontile di legno degli ex bagni Petrucci che scende fino a mare, il cui recupero è costato oltre due milioni di euro di fondi pubblici è un colabrodo. Sequestrato nel 2015 perché pericoloso e oggetto di numerose diatribe, è ancora lì, con le sue travi divelte e il parapetto per lunghi tratti strappato via. Vandalizzato il resto della struttura. Il rischio per chi si avventura sulle assi traballanti è alto, ma anche ieri in molti hanno sfidato la sorte per osservare il mare da un punto di vista privilegiato e scattare qualche selfie. Anche perché, ormai è assodato, del nastro o qualche metro di rete di certo non costituiscono un buon deterrente. Altro dato che salta all’occhio è che la spiaggia è piuttosto frequentata, anche in una domenica d’inverno come quella di ieri. Complice la bella giornata era tutto un via vai di coppie, famiglie, pescatori della domenica, runner e amanti dei cani, a testimonianza della grande voglia che c’è nella cittadinanza – o quanto meno in buona parte di essa – di riappropriarsi di un mare che in fin dei conti le appartiene. E che manca. Purtroppo però a preoccupare particolarmente è il fatto che non solo non si può fare affidamento su dei cestini per buttare l’immondizia, ma anche i cassonetti – meno di una decina sparsi lungo il percorso – sono tutti ribaltati, nessuno escluso. E molti sacchi neri, risultato di qualche azione di pulizia sul litorale, giacciono ammucchiati e abbandonati da chissà quanto tempo in diverse zone dell’area verde. 

E più ci si dirige verso Sud, in direzione del temibile Mammellone, la collina che più di tutte è simbolo del materiale di risulta accumulato illegalmente a partire dagli anni Cinquanta, più la situazione peggiora. Proprio prima dell’inizio delle collinette un rigagnolo di acqua torbida e maleodorante esce fuori da un tubo di cemento e si riversa in mare. Più avanti ancora, invece, ci si inerpica nei sentieri di quello che dovrebbe essere una sorta di parco, ma che pare più una giungla incolta. Incolta e pericolosa. Non c’è infatti nessun cartello o segnalazione di pericolo che indichi che la collina finisce a strapiombo sul mare. Un salto di diversi metri su acqua, scogli e calcinacci. E poi ancora cumuli di sacchetti di spazzatura nascosti tra le palme e le agavi ormai soffocate dalle frasche. Meritano una menzione anche le aree recintate, con sedie, panchine e porticati in cattivo stato e perciò negati. In fine c’è il mare. Ed è un gran bel mare, con il bagnasciuga di sassolini torniti, che guada dritto Monte Pellegrino. Un mare a due passi dalle case dei palermitani, ma ancora troppo lontano da loro. 


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