Le forze dell’ordine sono prese alla sprovvista e per qualche minuto la tensione è evidente. Una costola del tradizionale corteo del 25 aprile, festa della Resistenza e della liberazione dal nazifascismo, si sposta da via Vittorio Emanuele, imbocca via Santa Maria della Lettera, poi via Garibaldi e via Transito. La destinazione non prevista dal percorso autorizzato della manifestazione è la sede di Frontex, l’agenzia europea che si occupa di migranti e che si trova all’ex monastero di Santa Chiara, in cui il Comune di Catania ospita gli uffici internazionali. «Frontex vergogna, torna nella fogna» è lo slogan scandito da un centinaio di manifestanti. Bandiere No Muos, maglie del gruppo de Le ragazze e i ragazzi della piazzetta, volti noti del collettivo Experia e gli animatori della Rete antirazzista catanese: tra slogan antifascisti e l’urlo «Frontex, vergogna! Torna nella fogna».
«Per attualizzare la Resistenza abbiamo deciso di cambiare la strada prevista – spiega Alfonso Di Stefano della Rete antirazzista catanese – La Resistenza di oggi serve a liberare il Mediterraneo e le coste dalla presenza di Frontex, che tante morti ha causato: cinquemila lo scorso anno, 900 nel 2017». Il riferimento è ai naufragi costati la vita a centinaia di migranti, spesso partiti dalle coste libiche e uccisi dal mare che avevano deciso di attraversare. «La nostra Resistenza è al fianco dei migranti. Le operazioni di soccorso vengono drasticamente ridotte – continua l’attivista – E contemporaneamente si assiste a un attacco senza precedenti nei confronti delle navi delle associazioni non governative che, dall’anno scorso, hanno salvato la vita a oltre 60mila persone».
Il caso è esploso due mesi fa e parte dalle dichiarazioni del procuratore capo di Catania Maurizio Zuccaro a proposito di un fascicolo conoscitivo sull’operato delle Ong nel Mediterraneo. Non un’inchiesta, soltanto una raccolta di dati per capire meglio il funzionamento del sistema che porta ingenti capitali privati a investire su mezzi, navali e non, che aiutano i migranti in difficoltà a raggiungere un porto sicuro. Da quelle frasi in poi, però, politici e stampa hanno parlato di presunti accordi tra trafficanti e associazioni non governative. Accuse sempre smentite da queste ultime. «Non ci sono prove, ci sono solo supposizioni gonfiate da Frontex e cavalcate da diversi esponenti politici. Il Movimento 5 stelle segue a ruota Matteo Salvini – continua Di Stefano – Ma in realtà nessuno sa di cosa sta parlando. Nei fatti è solo un’operazione mediatica, evidentemente dà fastidio uno sguardo indipendente che denuncia le quotidiane tragedie che avvengono nei nostri mari».
La più grave, fino a questo momento, è avvenuta il 18 aprile 2015: oltre settecento tra uomini e donne sono morti nel corso della tragedia peggiore che il Mediterraneo abbia mai visto. Per quel caso a dicembre 2016 sono arrivate le condanne di primo grado: Mohammed Alì Malek e Mahmud Bikhit. Un tunisino e un siriano accusati dalla procura di Catania di essere stati il comandante e il suo aiutante nella traversata, partita dalla Libia, e conclusasi in tragedia a 94 miglia dalle coste africane. Alì Malek è stato condannato a 18 anni, mentre Bikhit a cinque anni. Giudicati col rito abbreviato sono stati ritenuti colpevoli di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; al presunto capitano sono contestati anche l’omicidio colposo plurimo e il naufragio. «A un anno da quella strage avevamo provato a fare una grande manifestazione – conclude Di Stefano – Il quartiere era militarizzato e l’arrivo davanti agli uffici di Frontex ci era stato precluso. Stavolta non hanno potuto impedircelo».
Dalla sede dell’agenzia europea qualcuno si affaccia e riprende la scena con un cellulare. Reazione simile da parte di abitanti e lavoratori della zona: escono dai bar e dalle onoranze funebri per filmare la manifestazione. «Chiediamo che in questo quartiere tornino i servizi sociali essenziali – dice un giovane al megafono – Hanno tolto l’anagrafe (trasferita al centro direzionale di San Leone, ndr) e ci hanno messo un luogo in cui ci si assume la responsabilità politica dei respingimenti. Servono posti di inclusione reale. Se dobbiamo individuare colpevoli per la disoccupazione e la povertà, dobbiamo guardare in alto e non ai nostri fratelli e alle nostre sorelle migranti». Lo slogan successivo viene dalla canzone Contessa di Paolo Pietrangeli: «Nessuno più al mondo deve essere sfruttato». Pochi minuti, poi si riparte alla volta di via Vittorio Emanuele, per raggiungere il filone del corteo fermo in piazza Cosma e Damiano. Dove, nel frattempo, erano cominciati i comizi.
Domenico Oteri, 76 anni, è stato investito da un'auto mentre attraversava la strada statale 114…
Per lunedì 23 dicembre la protezione civile regionale ha dichiarato l'allerta gialla per quasi tutta…
Il 20 dicembre Maria Ruggia, 76 anni, è morta all'ospedale Ingrassia di Palermo: stando a…
Due furti con spaccata a Palermo. Il primo al Morgan's long drink, in via Isidoro La…
Un uomo è stato ferito a colpi d'arma da fuoco davanti al cimitero di Santa…
A causa del maltempo un'imbarcazione è affondata e altre sono state danneggiate nel porticciolo di…