L’onda d’urto che la Sicilia oppone al Coronavirus passa anche dalle nuove assunzioni di personale sanitario. Servono medici, tecnici di laboratorio, infermieri, operatori socio-sanitari. Nelle ultime settimane la Regione ha dato il la a una serie di avvisi per rimpolpare gli ospedali in prima linea, in particolare i reparti più esposti.
Sono 490 i medici che fino a ieri hanno risposto alla chiamata del Policlinico di Messina, capofila di tutte le aziende sanitarie dell’Isola. Il dieci per cento è già stato assunto. L’avviso era rivolto ai lavoratori autonomi: specializzati (ma sono pochi quelli hanno aderito), pensionati, specializzandi degli ultimi anni, persino laureati. Sono soprattutto i giovani professionisti ad avere inviato la loro candidature. E si apprestano a scendere in campo come liberi professionisti a partita Iva. «Una follia – denuncia Riccardo Spampinato, medico in servizio all’ospedale di Acireale e portavoce del sindacato Cimo – mi ricorda quando, dopo Caporetto, mandammo i 17enni in trincea. Oltre al rischio coronavirus, parliamo di persone che si devono pagare di tasca propria l’assicurazione e che non sono pronte a fronteggiare questa emergenza». Critico anche il sindacato Anaao Assomed che «boccia le assunzioni a partita Iva e sollecita contratti subordinati più duraturi».
Oltre 600 infermieri hanno invece partecipato ai bandi dell’Asp di Palermo, che li smisterà nel resto della Sicilia. «Le risposte sono state in realtà 1500 – spiega Daniela Faraoni, direttore generale – poi le disponibilità si sono ridotte a circa 600 e ora che li stiamo chiamando diversi si stanno tirando indietro, ma ci sono ampi margini da cui pescare». Di questo folto gruppo fanno parte coloro che hanno risposto agli avvisi per un’assunzione a tempo determinato per sei mesi. Molti stanno iniziando proprio in questi giorni. Allo stesso tempo tremila operatori socio-sanitari hanno risposto all’avviso a tempo determinato che si è chiuso il 17 marzo e in 24 ore l’Asp ha stilato le graduatorie e le ha inviate alle altre aziende.
Successivamente l’Asp di Palermo, sempre su input dell’assessorato regionale alla Salute, ha lanciato un altro avviso, che si è chiuso ieri e di cui non si conoscono ancora le risposte, che invece cerca infermieri e operatori socio-sanitari come lavoratori autonomi a partita Iva. «Dipende dalle esigenze delle aziende sanitarie – spiega Faraoni – Servono sia turni completi, e quindi il tempo determinato, ma servono anche integrazioni a questi schemi, e quindi la libera professione».
I sindacati degli infermieri sono sul piede di guerra. «Nei reparti più complessi serve gente esperta, non si può ragionare di numeri – attacca Calogero Coniglio, segretario regionale Fsi-Usae – i contratti di libera professione sono inaccettabili, quel bando va revocato. Chi lavora con partita Iva non ha copertura assicurativa aziendale, non ha contributi, il lavoro non fa punteggio nei concorsi. E alla fine verranno licenziati perché non possono essere assunti per legge. A partecipare sarà chi non lavora, i neolaureati che però vanno affiancati, non possono essere lasciati soli in corsia, soprattutto nei reparti a rischio». E ancora: per questi infermieri viene garantita una paga di 76 euro lordi al giorno per sei ore, cioè 12 euro all’ora lordi (contro i 31 euro l’ora previsti dalla normativa). «Una cosa indecente e indecorosa per la nostra professione», commenta una giovane infermiera catanese che ha invece partecipato al concorso a tempo determinato. L’Ordine degli infermieri di Catania ha presentato un esposto formale ed è stata lanciata da un gruppo di neolaureati pure una raccolta firme sulla piattaforma Change.org.
La Regione motiva il ricorso alla libera professione per velocizzare i tempi in una situazione in cui il numero dei contagiati e dei ricoverati è cresciuto in maniera importante nelle ultime 48 ore e continuerà ad aumentare, stando agli esperti, nei prossimi dieci giorni. «Ma per velocizzare – sottolinea Coniglio – si potrebbe fare un bando a tempo determinato e nel frattempo attingere da vecchie graduatorie ancora valide».
Intanto, ogni sera, dal Policlinico di Messina viene inviato a tutte le aziende sanitarie l’elenco di medici che hanno risposto all’avviso. Sta alle singole aziende poi chiamarli, in base a necessità e competenze. «Se fossi un genitore di un giovane medico gli direi di non andare – dice Spampinato, della Cimo – E a partita Iva è ancora di più da incoscienti. In questo momento noi medici siamo tutti eroi ma riparliamone tra un anno, quando qualcuno, col dubbio che a un parente non sia stato diagnosticato il coronavirus, comincerà a denunciarci. I giovani colleghi verranno massacrati al primo sbaglio. La Sicilia non è peggio di altri, è il sistema sanitario nazionale che non è stato in grado di programmare un’epidemia. In Italia abbiamo l’esercito per un’eventuale guerra ma non il personale sanitario sufficiente per una più probabile guerra sanitaria».
L’assessore alla Salute Ruggero Razza, consapevole delle criticità, ha affermato all’Ars: «Abbiamo il dovere di allargare le procedure di selezione a tempo indeterminato affinché le persone che hanno risposto nell’emergenza possano essere stabilmente impiegate nel sistema sanitario. L’emergenza non deve servire per creare ulteriori sacche di precariato».
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