Boom di richieste nel capoluogo siciliano per la misura che, attraverso un intervento misto tra pubblico e privato, avrebbe dovuto dare risposte importanti al problema della disoccupazione. Critico il sindacato: «Troppo poche le risorse stanziate, dubbi sui criteri di ripartizione e sulle capacità organizzative dei centri per l'impiego»
Contratti di ricollocazione, solo a Palermo 600 destinatari Cgil: «Ma la misura non funziona, per noi è da rivedere»
Dei 1.676 destinatari del contratto di ricollocazione appena assegnato dalla Regione siciliana, più di un terzo, 600 persone, sono disoccupati palermitani. Soltanto nel capoluogo siciliano avevano fatto richiesta dell’assegno in settemila, su quasi ventimila domande presentate, che vuol dire il 35 percento circa del totale regionale. Solo circa 1,2 milioni di euro dei 15 milioni a disposizione andranno direttamente ai disoccupati siciliani, per una cifra pari a circa 720 euro a testa come indennità di frequenza ai corsi di riqualificazione. Gli altri, vale a dire la maggioranza, sono andati agli enti di formazione.
Lo strumento tenta un sistema di intervento misto pubblico e privato attraverso il ruolo dei centri per l’impiego, ma secondo la Nidil e la Cgil non funziona. Il parere dei sindacati è che a conti fatti i contratti di ricollocazione danno una risposta marginale al problema della disoccupazione e sono da rivedere. Lo sostengono Andrea Gattuso, segretario del Nidil Cgil Palermo e Alessia Gatto, segretario provinciale Cgil Palermo, tracciando un primo bilancio sull’utilizzo della misura di politica attiva per il lavoro promossa dalla Regione siciliana rivolta a soggetti disoccupati (da 18 a 67 anni) con Isee fino a 20 mila euro.
«Nell’esprimere un primo giudizio su questa misura – dicono Gattuso e Gatto – non possiamo che partire dal ritardo con il quale sono state pubblicate le graduatorie: ci sono voluti oltre 140 giorni per redigere le graduatorie di istanze presentate per la gran parte in via telematica (e quindi già caricate in formato digitale). Da ciò non può non derivare una critica sulle capacità organizzative del dipartimento regionale del Lavoro e dei Centri per l’impiego, soggetti che hanno la responsabilità direttiva ed esecutiva nell’erogazione delle politiche attive del lavoro».
L’altro capitolo è quello delle risorse. La Cgil ha sottolineato fin dall’inizio l’insufficienza della dotazione messa in campo, che avrebbe potuto coprire solo duemila posizioni in tutta la Regione. «Il CdR ha una dotazione finanziaria di 15 milioni a valere sul PO FSE 2014/2020 Regione Sicilia – continuano i due sindacalisti -. Questa prima fase sperimentale dimostra intanto che le risorse stanziate sono troppo poche. La dotazione finanziaria di 15 milioni di euro riesce a coprire poco più dell’8 per cento di partecipanti. Il budget, sicuramente troppo basso per dare una risposta efficace visti i tassi di disoccupazione generale e in particolare giovanile, è fortemente sbilanciato sugli enti privati accreditati che dovrebbero collocare nel mercato del lavoro i destinatari della misura. Inoltre, osservando gli elenchi delle quattro graduatorie ci si accorge che tutte le istanze che rientrano tra quelle finanziabili in tutte le graduatorie, sono di lavoratori che hanno presentato un valore ISEE pari a 0. Esprimiamo qualche perplessità sui criteri di scelta adottati».
Come la Cgil aveva già denunciato, il periodo di presentazione delle domande è coinciso con l’ultima fase della campagna elettorale per le amministrative regionali. «Rimane il dubbio di una connotazione di tipo elettorale della misura – affermano ancora Gatto e Gattuso – uscita in periodo di campagna elettorale per le elezioni regionali, che ha alimentato le speranze di tanti disoccupati e stanziato risorse a favore degli enti privati accreditati sulle macerie del sistema della formazione siciliana. Sarà nostro compito continuare a monitorare l’iter della misura, in cui diventa centrale la capacità dei soggetti attuatori di inserirsi nelle dinamiche del mercato del lavoro, formare profili spendibili in quello stesso mercato e inserirli nelle aziende. Da questo e dal supporto che daranno i centri per l’impiego inoltre dipenderà il successo concreto della misura che, qualora dovesse funzionare, necessiterebbe ovviamente di un impegno economico decisamente superiore».