La commissione antimafia in missione nella città natale di Messina Denaro. «Lavoreremo su logge massoniche»

La prima riunione della commissione regionale antimafia fuori dal palazzo del Normanni è stata nel territorio che un tempo è stato il feudo di Matteo Messina Denaro: la sua città natale, Castelvetrano, in provincia di Trapani. Una missione dell’antimafia regionale per andare a incontrare gli amministratori locali del territorio d’origine del boss stragista che, dopo una latitanza durata trent’anni, è stato arrestato la mattina di lunedì 16 gennaio nella clinica privata La Maddalena di Palermo. «Non a caso siamo qui», ha detto il presidente Antonello Cracolici, accolto a palazzo Pignatelli dal sindaco Enzo Alfano.

La commissione ha incontrato il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza guidato dalla prefetta Filippina Cocuzza: «Il mio auspicio – ha detto – è quello che ora ci sia un risveglio della società civile, grazie a questi puntelli che le istituzioni mettono. La società civile deve comprendere che non c’è più quell’alone che c’è stato finora». Anche il questore di Trapani Salvatore La Rosa ha ribadito la necessità di «mantenere alta l’attenzione, con la speranza che ora ci siano delle risposte soprattutto da parte della politica». I lavori si siano svolti a porte chiuse, ma tra le tematiche affrontate c’è stato il nodo del rapporto tra borghesia mafiosa e massoneria. «Dalla riunione con il comitato – ha dichiarato Cracolici – è emerso che le prefetture non conoscerebbero bene il numero delle logge massoniche presenti in tutto il Paese. Come commissione regionale antimafia, approfondiremo la questione». Membro della massoneria era pure Alfonso Tumbarello, il medico di base che aveva in cura prima il vero Andrea Bonafede (il geometra da cui il boss avrebbe preso in prestito l’identità) e poi il suo alias Matteo Messina Denaro. Dopo essere stato indagato nell’ambito dell’arresto del boss, il camice bianco è stato sospeso dalla massoneria.

Dopo l’arresto del boss, l’attenzione degli investigatori si sta concentrando sulla rete dei fiancheggiatori: «Se l’arresto di Messina Denaro ha chiuso una stagione, ora se n’è aperta un’altra: cioè quella che il procuratore Maurizio De Lucia ha chiamato “borghesia mafiosa“, fatta da tante persone sconosciute, capaci di essere sul terreno dell’illegalità, quella rete di connivenza con la classe dirigente sui territori», ha sottolineato Cracolici. Altro tema sul quale la commissione ha discusso è stato quello dei beni confiscati e della loro gestione. «Una giungla dove bisogna prima capire e poi intervenire», ha chiosato il presidente. La commissione ha poi incontrato i 25 sindaci della provincia di Trapani, che hanno chiesto sostegno e vicinanza. «La caccia al boss, durata 30 anni, può intendersi come una partita. C’è un primo tempo in cui lui ha avuto il favore della latitanza per tutti questi anni ma ora è arrivato il secondo tempo in cui lo Stato sta ribaltando il risultato», ha detto il sindaco di Campobello di Mazara Giuseppe Castiglione.

Nel paese a pochi chilometri da Castelvetrano sono stati scoperti i covi dove, almeno nell’ultimo periodo, ha vissuto il boss che avrebbe goduto di una vasta rete di coperture. «I cittadini possono acquisire più fiducia nello Stato quando questo si manifesta con azioni concrete, tangibili. E questo deve avvenire rafforzando anche caserme e commissariati, soprattutto nelle città fortemente inquinate dalla mafia», ha detto ancora Castiglione. Intanto proprio a Campobello di Mazara proseguono gli accertamenti dei carabinieri nel covo del boss in vicolo San Vito. I Ris, con l’utilizzo di un apparecchio sonar, scandagliano centimetro per centimetro le pareti a caccia di eventuali vani nascosti. Altri uomini dell’arma muniti di martello pneumatico forano il pavimento alla ricerca di nascondigli sotterranei


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