Anche la commissione Antimafia sul caso ambulanze private. Prima audizione con assessora Volo

Al momento le commissioni parlamentari all’Assemblea regionale siciliana sono ferme, lo resteranno fino al termine delle elezioni amministrative che coinvolgono una buona fetta di Comuni siciliani, tra cui capoluoghi importanti come Catania, Siracusa e Ragusa. Una volta espletato l’appuntamento politico, la commissione regionale Antimafia guidata da Antonello Cracolici ha già stilato la lista delle priorità, una su tutte, quella del caso delle ambulanze private, sempre più spesso coinvolte, insieme alle onlus che le gestiscono, in vicende non proprio trasparenti, con legami talvolta accertati con la criminalità organizzata. In realtà, la lente dell’Antimafia regionale si è già posata da tempo sulla questione, convocando l’assessora alla Salute Giovanna Volo per una prima audizione. Un incontro che potrebbe avere un seguito dopo la ripresa dei lavori.

L’ultima vicenda su cui ha indagato la magistratura è quella che ha riguardato la Facility Service, onlus le cui autorizzazioni sono al momento in stand by dopo essere stata sospesa dall’albo della protezione civile. Tra il 2018 e il 2020 ha visto impennare vertiginosamente il numero dei suoi interventi. L’associazione di volontariato di via Antonio Marinuzzi, a Palermo, vede al suo vertice Alessandro Nicolosi, parente stretto della moglie di Filippo Graviano, ‘u Baruni, fratello maggiore di Giuseppe Graviano e reggente, fino al momento dell’arresto, del mandamento mafioso di Brancaccio. Dalle carte degli inquirenti risulta persino che con uno dei mezzi intestato alla Facility si sia spostato persino Settimo Mineo, l’uomo indicato da Cosa nostra per guidare la ricostituita commissione provinciale, prelevato nella sua gioielleria di corso Tukory da una Fiat Panda alla cui guida c’era lo stesso Nicolosi. Un passaggio documentato interamente dagli inquirenti che indagavano sulle nuove evoluzioni di Cosa nostra.

Una questione spinosa quella del volontariato, ideale per stendere un velo di insospettabilità sugli affari dei clan. Non più una semplice guerra dei santini, con gli addetti delle varie onlus pronti a strappare i biglietti da visita della concorrenza sparsi per reparti e Pronto soccorso degli ospedali siciliani per soppiantarli con quelli del proprio datore di lavoro, talvolta camuffati proprio da santini, con immagini sacre a tutta facciata che celano un retro smaccatamente pubblicitario, per sfuggire ai vari repulisti. Si tratta di un vero e proprio business, talvolta condiviso al grido di «ci dobbiamo buscare il pane», frase pronunciata da un emissario della famiglia di Altarello, intercettato mentre chiedeva al boss Michele Sciarabba, capo della famiglia di Misilmeri, un’equa distribuzione del lavoro presso gli ospedali, che comprendesse anche la onlus vicina alla sua consorteria.

E a confermarlo ci sono state anche le parole di quello che è l’ultimo dei grandi pentiti di mafia, Filippo Bisconti, capo mandamento di Belmonte Mezzagno, finito in manette proprio nell’operazione che mise fine alla carriera di comando di Settimo Mineo. A colloquio con i magistrati, Bisconti non ha usato mezze parole, confermando non solo la smania di entrare negli ospedali palermitani di Fabio Luigi Scimò, tuttofare della famiglia di corso dei Mille, attualmente in carcere, condannato a oltre 22 anni di reclusione, ma anche le fastidiose ingerenze del clan Lo Iacono di Bagheria, pronto a mettere le mani sull’affare dei dializzati. In questo scenario si inserirà il lavoro della commissione Antimafia, che pur non avendo poteri inquisitori o sanzionatori, mai come ora può portare a risultati efficaci, visto il suo ruolo di indirizzo nella produzione di norme che – quanto meno ci si augura – potranno regolarizzare un mercato quanto mai fiorente e troppo spesso inquinato da interessi criminali.


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