Carmelo Ricca e Mario Michele Sidoti avrebbero agito la notte di Natale del 2015 per bruciare una cartella da ottomila euro, elevata a un parente per assegni a vuoto. Determinanti le telecamere di videosorveglianza e le intercettazioni tra gli indagati e i familiari, che commentavano l'accaduto. Guarda il video
Comiso, due arresti per l’incendio in uffici del Comune Pregiudicati volevano distruggere cartella esattoriale
L’incendio che la notte di Natale di due anni fa distrusse gli uffici comunali di Comiso è stato appiccato per distruggere una cartella esattoriale da ottomila euro. La polizia, dopo lunghe indagini, ha arrestato due pluripregiudicati comisani: il sorvegliato speciale Carmelo Ricca e Mario Michele Sidoti. Già condannati in passato, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, rapina, ricettazione, porto abusivo di armi ed emissione di assegni a vuoto. Per Ricca era scattata anche la misura di sicurezza antimafia. E proprio da assegni a vuoto per migliaia di euro a danno di creditori nasceva la cartella esattoriale a carico di un parente dei due indagati.
Determinanti per la risoluzione del caso sono state le telecamere di videosorveglianza interne ed esterne al Comune e le successive intercettazioni tra Ricca e Sidoti e alcuni loro familiari. La notte del 24 dicembre 2015 i due hanno raggiunto gli uffici di via Flaccavento a Comiso a bordo dell’auto della moglie di Ricca, guidata da Sidoti che è rimasto fuori ad aspettare il complice. Come mostrano i video, è stato solo Ricca a entrare nell’edificio, forzare alcune porte, fino a trovare la stanza che conteneva le cartelle esattoriali, cospargere di benzina diversi ambienti, fino al portoncino d’ingresso e appiccare il fuoco.
I vigili del fuoco si sono trovati davanti fiamme molto alte, che hanno messo in pericolo anche i residenti. Le indagini, in un primo momento, hanno preso in considerazione diverse piste: da quella politica, presto scartata dalla Digos, al gesto estremo di qualche dipendente del Comune a cui non era stato rinnovato il contratto, o ancora di qualche lavoratore di una ditta esterna licenziato. Nel tentativo di ricevere un contributo dai cittadini, nei giorni successivi al rogo, sono state diffuse le immagini delle telecamere di videosorveglianza, ma, sottolinea la Questura, «il tentativo è risultato vano, nessuna chiamata, neanche anonima».
La svolta è arrivata dalla scoperta che l’auto con cui i due si sono dati alla fuga era di proprietà della moglie di Ricca, sprovvisto di patente perché sorvegliato speciale. Da qui sono scattate le intercettazioni che hanno permesso agli investigatori di ascoltare i commenti fatti tra i due indagati e i loro parenti. Frasi che per la polizia rappresentano gravi indizi di colpevolezza. Altro elemento importante è dato dal traffico telefonico tra Sidoti e Ricca la notte dell’incendio. Risulta dai tabulati che si sono sentiti ripetutamente e che, a differenza di quanto loro dichiarato, i loro cellulari si trovavano proprio nella zona del Comune. Infine, nonostante i danni provocati dalle fiamme, gli investigatori hanno trovato la cartella esattoriale da ottomila euro, ritenuta il movente dell’atto intimidatorio.
Ieri, dunque, la polizia ha atteso sotto casa i due indagati, che non hanno opposto resistenza all’arresto in carcere, a disposizione del giudice per le indagini preliminari che li interrogherà nei prossimi giorni.