Il giorno dopo l'arresto dei vertici della società, in mille circa si sono riuniti in piazza Dante, preoccupati del futuro del club. L'atmosfera ricorda quella della tentata radiazione di ventidue anni fa, ma stavolta la Figc non c'entra. In programma un corteo di protesta. Guarda i video
Combine, catanesi in angoscia come nel ’93 «Pulvirenti via, il Catania lo compriamo noi»
L’orologio segna le 21 circa di un
mercoledì di fine giugno. Sotto le luci di piazza Dante ci sono centinaia di persone. Gli sguardi dei meno giovani pare d’averli già incontrati. «Assomigliano a quelli visti nell’estate del 1993», quando la Figc radiò il Calcio Catania. «Allora ci ribellammo all’ingiustizia dei potenti. Stavolta non possiamo fare nulla». L’angoscia per il futuro della loro squadra è la stessa. Ed è uguale a quella di chi ventidue anni fa ancora non era nemmeno nato, ma ieri si trovava lì.
Poco più di ventiquattro ore prima, il presidente
Antonino Pulvirenti e l’amministratore delegato Pablo Cosentino erano stati posti agli arresti domiciliari. «Hanno fatto delle cose brutte», spiega il papà al bimbo che tiene per mano e che indossa una piccola maglia rossazzurra, grande quanto lui. Intercettazioni, fotografie, ricostruzioni della Digos, accusano i due dirigenti di avere comprato delle partite per evitare la retrocessione in Lega Pro. Che arriverà lo stesso, ma con disonore, se saranno giudicati colpevoli.
La folla è tanta che, coperte le scalinate bianche della chiesa, si sparge fin sulla strada. Saranno infine un migliaio. Sale il vociare. Svetta sulla folla il capo della curva nord, organizzatrice della riunione. In mezzo ci sono l’operaio e il professionista. Lo studente e il professore. Il giornalista curvaiolo, il cameraman che simpatizza per la Juventus. «Siamo qua per capire cosa può succedere e come reagire». Non tutti ultras, non tutti tifosi, tutti comunque catanesi.
La reazione dei tifosi in città
Un gelataio, richiamato dagli affari, ascolta il dibattito con una cialda dimenticata nella mano. Le automobili, sempre rumorose e di fretta, non strombazzano il clacson anche se sono costrette a fare il giro largo della piazza. Rallentano, abbassano il finestrino, cercano di intuire qualche parola: «Pulvirenti e Cosentino devono andare via subito. La società la compriamo noi se manca l’acquirente». Applausi, anche da una mamma rimasta vicino al passeggino, defilata dalla folla. «Perché il Catania è dei catanesi».
La promessa di un corteo di protesta, ancora da organizzare in tutto e per tutto, chiude le discussioni. La gente però non si allontana. Ha voglia di cantare, insieme, come allo stadio. Come se fosse l’ultima volta. Come se volesse allontanare il timore che «il Catania 1946 possa scomparire». Come nel 1993. Clacson e rumori tornano poco a poco, quando la folla inizia ad andare via. Triste e arrabbiata quanto prima. L’ironia catanese è comunque salva. La dimostrazione è fuori dall’ingresso della chiesa di San Nicolò. Nello striscione in rima: «Arrestato Pulvirenti, quota 1,20».