Scoperta una nuova specie di coleottero tra le grotte dell’Etna. L’esperto: «Non è facile trovarne»

Scoperta una nuova specie di coleottero tra le grotte dell’Etna. Si tratta di un insetto appartenente alla famiglia degli Staphylinidae, denominato Bryaxis aetnensis. «La nuova specie è stata individuata in diversi versanti, a un’altezza che varia da 600 metri fino a oltre i 1400 metri di quota», racconta a MeridioNews Giuseppe Nicolosi. Biospeleologo del Laboratorio ecosistemi terrestri dell’Università di Torino che, in collaborazione con il professore Giorgio Sabella dell’Università di Catania, ha riconosciuto e descritto la nuova specie di coleottero. Si tratta di una seconda specie scoperta sul vulcano con il monitoraggio: la prima nel 2021 ha riguardato uno pseudoscorpione nuovo per la scienza, il Chthonius nicolosii Gardini.

L’animale mostra una particolare affinità per le zone più profonde della grotta, dove trova forse condizioni microclimatiche più idonee. Questa ampia tolleranza può spiegare la variabilità morfologica osservata tra individui provenienti da diversi siti di campionamento. «Il ritrovamento – come evidenzia Nicolosi – ci motiva a condurre ulteriori studi sulla fauna etnea e a tutelare questi ambienti ancora poco conosciuti». La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Animals con un articolo dal titolo A New Species of Bryaxis (Coleoptera: Staphylinidae: Pselaphinae) from Mount Etna (Sicily, Italy) and Notes on Its Ecology and Distribution:

Le scoperte, in realtà, sono diverse: sono stati trovati anche dei ragni di due specie già note, Meta bourneti e Meta menardi. Quest’ultima solo a quote elevate e, tuttavia, a forte rischio estinzione per via dei cambiamenti climatici. Questo ragno, infatti, vive in grotte dove le temperature sono più fredde. Il coleottero, invece, è una specie mai trovata prima d’ora ed è stato notato che «è più grande a quote più alte, più piccolo a quote più basse. Ma dipende da specie a specie», fa notare Nicolosi, autore della pubblicazione dietro cui si concentrano anni di studi condotti tra il 2020 e il 2022. Lo speleologo ha eseguito dei campionamenti con trappole a caduta in 25 grotte e, al momento della rilevazione, sono stati trovati una ventina di esemplari. «Sono pochi, anche perché non è facile trovarli. Negli anni Settanta, l’Università non ne aveva trovato nemmeno uno. Adesso – conclude – stiamo cercando di capire le differenze a livello genetico. La situazione , insomma, è ancora tutta in divenire».


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