Si è svolta nella sala giunta di palazzo degli Elefanti la riunione dei sindaci dei comuni italiani per discutere sul ruolo che questi devono ricoprire nella definizione dei nuovi enti. Sono tutti concordi nel definirla un'operazione fondamentale per la gestione della territorialità. Ma se i tempi sono uguali per tutti, diverso è l'iter per le regioni a statuto speciale. Un processo irreversibile, legato a doppio filo con la decadenza delle Province
Città metropolitane, parlano i sindaci Bianco: «Rischiamo il vuoto istituzionale»
«Chiediamo che le città metropolitane, e quindi i sindaci che le dovranno gestire, abbiano un ruolo di protagonisti assoluto per la decisione della destinazione delle risorse finanziarie e di coordinamento, nonché che abbiamo un rapporto diretto con la Comunità europea che è quella che potrà più garantire fondi per investimenti strutturali nei prossimi anni. Chiediamo inoltre un confronto con le Regioni perché si tenga conto della priorità degli investimenti nelle città metropolitane». Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dellAnci (Associazione nazionale dei comuni italiani), è categorico nel suo intervento in occasione della riunione svoltasi questa mattina nella sede di palazzo degli Elefanti a Catania. Al centro dell’incontro c’è la piattaforma programmatica contenente le proposte principali e prioritarie riguardanti le città metropolitane.
L’appuntamento catanese si svolge in un momento importante in previsione della prossima discussione l’8 novembre, in Parlamento, del decreto legge che le istituisce. Il passaggio legislativo, seppure riguardi solo le regioni a statuto ordinario, «può rappresentare una grossa spinta perché quelle a statuto speciale procedano», afferma il sindaco di Torino. Queste, infatti, in quanto tali, devono provvedere da sole ad approvare una regolamentazione simile, ma a quanto pare il bandolo della matassa è lontano dall’essere trovato. In Sicilia, al pari di altre regioni, infatti, come conferma il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, la situazione è ancora molto confusa. Eppure la procedura è irreversibile: le Province – di cui le città metropolitane dovranno acquisire servizi e competenze – sono state già state abolite. In Sicilia, lArs lo ha fatto già lo scorso febbraio.
Dal gennaio 2014 dovranno essere istituite le città metropolitane, in una fase transitoria che durerà fino al 2017. Ma cosa accadrebbe nel caso in cui la Regione siciliana non dovesse rispettare i tempi richiesti? «Sarebbe terribile perché si creerebbe un vuoto istituzionale e quindi i Comuni sarebbero costretti a organizzarsi in liberi consorzi», spiega Enzo Bianco. Il primo cittadino etneo, inoltre, non nega che tanti altri sarebbero i problemi per Catania, soprattutto per ciò che riguarda i servizi sociali, che non potranno essere più erogati. È il caso degli istituti educativo assistenziali o degli asili nido, entrambi già sull’orlo della chiusura. Raggiungere per tempo l’obiettivo «sarebbe una grande boccata dossigeno per la nostra città», ammette Bianco.
E non solo il sindaco etneo considera importantissima la creazione di tali enti. Concordano infatti tutti gli intervenuti, perché «finalmente si darebbe alla territorialità la giusta rappresentanza e la giusta risposta alle esigenze della gente. Non ci sono confini netti tra i Comuni vicini e quello principale; perché dovrebbero esserci nella gestione?» si chiede Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. «È comune la problematica di dovere dare servizi a molte più persone rispetto al numero dei residenti, eppure non possiamo considerare un limite il fatto che la gente si sposti verso il grosso centro, è anzi un arricchimento per cui le città metropolitane ci aiuteranno di certo», afferma il sindaco Zedda. Si tratta, secondo il parere unanime dei sindaci, di regolamentare con uguale indirizzi, servizi e finalità il territorio che già, nella pratica, è un tutt’uno.
Per ciò che riguarda il rapporto finanziario tra Regioni, Stato e Comuni, inoltre, i sindaci chiedono di evitare ogni ulteriore riduzione dei trasferimenti, «cosa che è accaduta puntualmente negli ultimi 12 anni creando non poche difficoltà», dichiara Fassino, nonché allentare il patto di stabilità «che si è trasformato in una prigione che impedisce qualsiasi politica di investimento e quindi di concorrere alla ripresa del Paese», spiega ancora Piero Fassino. Anche una terza richiesta da parte dei sindaci dellAnci per i governi regionali: intervenire sulla fiscalità locale «per stabilire criteri per lintroduzione della service tax che siamo di equità fiscale e sostenibili. I Comuni, quindi, devono trarne un vantaggio», conclude il sindaco di Torino.