Citizen journalism, l’Italia s’è desta

Non fare audience, fai notizia!”. Nello slogan scelto da Radio Radicale per “Fai notizia”, la sezione del suo sito dedicata al giornalismo partecipativo, è riassunta efficacemente la novità del citizen journalism. Grazie alle nuove tecnologie, anche i cittadini possono, almeno in teoria, raccontare gli eventi del mondo, arrivando persino a sostituirsi ai giornalisti: un fenomeno rivoluzionario che anche in Italia sta muovendo i primi passi.

Non è un caso che tra gli esperimenti più avanzati ci sia quello di Radio Radicale. La storica emittente è nota per gli spazi lasciati al filo diretto con gli ascoltatori e ai messaggi dei cittadini mandati in onda senza alcuna mediazione giornalistica. Da qui al citizen journalism, in fondo, il passo è abbastanza breve. Sul suo sito, la radio dà la possibilità agli utenti registrati di scrivere, fare segnalazioni, commentare e dare un voto agli interventi degli altri.
La gerarchia delle news è stabilita dai voti e dalle parole chiave forniti dai navigatori, anche se in alcune occasioni questo criterio può portare a risultati quantomeno curiosi: il 18 settembre, alle 9 del mattino, la notizia considerata più rilevante dal sistema aveva come titolo “Se non credete al sesso orale tenete la bocca chiusa…”, mentre i diritti delle donne di Gaza si trovavano solamente al terzo posto e il dibattito sulla pena di morte in Cina era in quarta posizione.

Nel panorama italiano il giornalismo partecipativo ha iniziato ad avere una certa consistenza da un paio d’anni, anche se i numeri non sono ancora quelli di alcuni progetti simili nati all’estero.
Meritano una segnalazione alcune iniziative nate senza collegamento con le grandi testate. Comincialitalia.net, ad esempio, dichiara di poter contare su 150mila visitatori al mese e su circa 1000 cittadini-giornalisti collegati. Anche il mondo che ruota intorno a Wikipedia si è lanciato in questa esperienza. L’italiano Wikinotizie è in quarta posizione nella graduatoria mondiale dei siti di informazione legati alla celebre enciclopedia on line. Pur essendo in crescita, le sue dimensioni sono ancora piccole: gli utenti che scrivono ogni giorno sono una decina, quelli che lo fanno almeno una volta al mese sono una sessantina. In media vengono “prodotti” quotidianamente sei articoli, che spesso hanno come fonti le pagine web dei quotidiani e delle agenzie di stampa.

Le testate giornalistiche principali, invece, si sono limitate a stimolare le forme minimali di citizen journalism e hanno più che altro spesso invitato i cittadini a inviare testimonianze, foto e video di avvenimenti ai quali hanno assistito. Hanno cioè cercato di favorire l’interazione con il pubblico, ma mantenendo il controllo sul prodotto finale e non rinunciando alla mediazione dei loro giornalisti. Ci sono comunque stati dei tentativi più innovativi. La Gazzetta dello sport, ad esempio, dà la possibilità agli utenti di commentare gli articoli pubblicati sul suo sito. Inoltre, ad agosto, ha proposto ai lettori di trasformarsi in paparazzi e di inviare al giornale immagini di vip. L’esito però non verrà probabilmente inserito negli annali del giornalismo partecipativo: l’articolo di Gazzetta.it che presentava l’iniziativa è stato bersagliato da commenti negativi e alla fine è stata pubblicata qualche galleria fotografica con immagini di Totti in spiaggia a Sabaudia o del sindaco di Venezia Massimo Cacciari che si mangia le unghie. Tra gli altri esperimenti si può ricordare quello di Repubblica.it, che a gennaio, in occasione del suo decennale, ha invece dato per due giorni ai lettori la possibilità di influire sulla gerarchia delle notizie nella homepage inviando e-mail alla redazione. Un’opportunità che comunque non ha portato a particolari stravolgimenti nell’impostazione della pagina.

Il citizen journalism ha ampi margini di crescita e prospettive interessanti. È però improbabile che possa portare all’estinzione dei giornalisti veri e propri, il cui ruolo resterà fondamentale per dare certezze sull’affidabilità dei contenuti. Anche se il mondo del giornalismo è spesso criticato e non gode della massima fiducia, la qualità garantita da una grande testata è difficilmente avvicinabile da un sito i cui contenuti sono realizzati esclusivamente da comuni cittadini, sulle cui competenze spesso non si può sapere molto. Questo non perché i giornalisti di professione siano per definizione migliori degli altri, ma perché è quasi impossibile per chi non fa questo lavoro avere a disposizione il tempo e soprattutto le risorse necessarie per approfondire adeguatamente le notizie.

Tutto ciò però non significa che i lettori debbano stare seduti al loro posto o che non possano dare un contributo importantissimo al miglioramento dell’informazione; e su questo tutti i maggiori media italiani sembrano essere concordi. I giornalisti non possono essere ovunque, ma quasi dappertutto c’è qualcuno che può trasformarsi in una fonte preziosissima. Negli ultimi anni le segnalazioni, le fotografie e i filmati dei cittadini, opportunamente vagliati e contestualizzati dai giornalisti, hanno permesso di portare alla luce molti fatti che altrimenti sarebbero probabilmente rimasti nell’ombra e di ampliare la copertura di eventi di rilievo. In pochi anni il potere dei lettori si è enormemente ampliato. È dall’interazione e dalla collaborazione del pubblico con i giornalisti, e non dalla sostituzione dei professionisti dell’informazione con i cittadini, che probabilmente si possono avere i frutti migliori.

[Andrea Bettini, giornalista e studioso dei media, collabora con Repubblica.it. È autore del libro Giornali.it – La storia dei siti internet dei principali quotidiani italiani]


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