Ciccio su Dell’Utri

Nella vita di ogni adolescente, di ogni ragazzo, di ogni uomo ci sono dei momenti particolari. Degli istanti interminabili in cui devi fare delle scelte, in cui devi decidere la strada da percorrere.

Nel mezzo del cammin di nostra vita…”. Con queste sette parole Dante comincia a scrivere il suo lavoro più grande, il suo capolavoro, la Divina Commedia. Questa la chiamerei “crisi di mezza età”.

Io ho solamente ventitré anni, quindi i giorni di crisi sono ancora lontani, non per questo sono esente dal dover scegliere. Per anni ho evitato, perché scegliere è complicato. Per anni ho fatto finta di non vedere, di non sentire. Come ogni scrittore, se mai lo diventerò, che vive nella sua bolla di sapone, nel suo mondo interiore, fatto di storie e personaggi inventati, dove è più semplice vivere perché il finale lo decidi tu.

Lentamente ho aperto gli occhi e ho cominciato a capire cos’è la politica, cos’è la mafia, se queste due “istituzioni” sono la stessa cosa. “Cosa Nostra” per usare due termini tristemente famosi per noi siciliani.

Adesso ho una laurea, sono un Dottore, come scherzosamente mi chiamano gli amici, specie quelli non laureati. Loro scherzano, ma io Dottore lo sono davvero. E adesso? Sì, devo scegliere il mio futuro.

Così mi ritrovo, in un caldo pomeriggio di maggio, all’Una Palace Hotel, in via Etnea, perché c’è un incontro, una tavola rotonda che ha nei giovani e nell’innovazione i suoi temi principali. Non importa che sia il Popolo della Libertà ad organizzare l’incontro, che siano i Circoli del Buongoverno ad organizzarlo, perché qui c’è in ballo il mio futuro. Vediamo loro, quelli che governano il mio Paese, la mia Regione, la mia Provincia, la mia Città, cosa hanno da offrirmi.

Voglio sentire con le mie orecchie parlare il senatore Dell’Utri, non voglio rimanere ancorato alle notizie del telegiornale o alla biografia di Travaglio che parla di lui. E nemmeno voglio pensare all’ultima intervista di Borsellino, alla condanna in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, alla proclamazione ad eroe del criminale legato a Cosa nostra Vittorio Mangano, allo sfortunato lapsus che un giorno gli fece cominciare una frase dicendo “io purtroppo essendo mafioso”.

Voglio sapere che ruolo avranno i giovani nel futuro dell’Italia. “Dobbiamo pensare alla formazione dei giovani, sono l’unica speranza di cambiamento. Solo grazie a loro si può fare qualcosa di forte, si può attuare una rivoluzione!”. Belle parole, anche se ero abituato a sentir parlare di rivoluzione da altre fazioni politiche.

Voglio sapere cosa ne pensa lui della “sua” Sicilia, terra di disoccupazione e infrastrutture fatiscenti. Ed ecco la sua risposta: “La scorsa settimana ero ad Agrigento per l’apertura della campagna elettorale dell’onorevole Cimino. Quando mi si avvicina un giornalista di una televisione locale, chiedendomi cosa ne pensi della mancanza di lavoro in Sicilia e delle infrastrutture, io, per levarmelo di torno, gli rispondo che non lo so. Adesso che ho avuto il tempo di rifletterci non riesco a rispondere comunque. Perché ci fate sempre la stessa domanda? Qui in Sicilia si parla sempre degli stessi problemi”. Senatore, forse è perché sono anni che promettete di risolverli. Voi e la Sinistra.

Però il vento sta cambiando, come afferma Francesco Costanzo, noto imprenditore catanese e membro dei circoli del Buongoverno. “Abbiamo aggregato il meglio della città per aumentare la competenza dell’approccio alla politica, che deve essere sana e cosciente. Una nuova politica che punti sull’identità di ciascuno di noi”. Hanno aggregato il meglio. E il peggio? Quello non importa mai. Perché devi sempre sperare che ci sia un futuro migliore per tutti?

Adesso ho capito cosa sta cambiando. Il “meglio” reclama la sua fetta. Quindi sì, facciamo investimenti in Sicilia, costruiamo imprese, apriamo centri commerciali ogni settimana, tanto ad arricchirsi saranno solo loro, il meglio. A noi tocca fare sempre la stessa vita di prima. A meno che non facciamo la rivoluzione.


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