Il 20 gennaio la Procura di Catania ha notificato all'editore Mario Ciancio Sanfilippo, indagato, la chiusura delle indagini. E ha accordato un altro mese di tempo alla difesa. Solo dopo si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio. Agli atti anche i documenti che accertano conti bancari in Svizzera non dichiarati per 52 milioni di euro
Ciancio, chiuse le indagini per concorso esterno Proroga di 30 giorni per le memorie difensive
La Procura di Catania ha chiuso le indagini preliminari sull’editore Mario Ciancio per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa. L’avviso è stato emesso il 14 gennaio 2015, è stato notificato all’indagato e ai suoi legali il 19 e il 20 gennaio. Il 30 gennaio Ciancio ha chiesto una proroga del termine per il deposito delle memorie e per l’esercizio delle facoltà previste dalla norma. La Procura gli ha accordato 30 giorni di tempo «in considerazione della quantità e rilevanza degli atti acquisiti nella fase delle indagini suppletive».
E’ la stessa Procura etnea – con un comunicato in risposta all’articolo pubblicato oggi dal quotidiano online Live Sicilia – a chiarire i termini di una vicenda di cui la città di Catania attende l’esito. La nota accenna ai fatti su cui si fonda la contestazione nei confronti di Ciancio. Da una parte c’è «la ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti; si tratta in particolare della partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra, catanese e palermitana».
Dall’altra, la Procura parla di un nuovo filone d’indagini che ha portato gli investigatori in Svizzera dove sono stati individuati diversi conti bancari per un valore finora stimato in 52 milioni di euro. «Negli atti – si legge nel comunicato – sono confluiti anche i documenti provenienti dagli accertamenti condotti in collegamento con le Autorità svizzere e che hanno consentito, attraverso un complesso di atti di indagine, di acquisire la certezza dell’esistenza di diversi conti bancari. In quelli per i quali sono state sin qui ottenute le necessarie informazioni sono risultate depositate ingenti somme di denaro (52 milioni 695mila 31 euro), che non erano state dichiarate in occasione di precedenti scudi fiscali». La Procura precisa quindi che «la successiva indicazione da parte dell’indagato della provenienza delle somme, non documentata, ha trovato smentita negli accertamenti condotti».
Si dovrà ancora aspettare un mese circa prima di sapere se l’atto di conclusione delle indagini si trasformerà in una richiesta di rinvio a giudizio. La nota sottolinea infatti che, «solo al termine del periodo assegnato alla difesa ex art. 415 bis c.p.p. (quindi i 30 giorni accordati ndr) e dopo un attento esame delle deduzioni difensive eventualmente prospettate» si procederà alla «valutazione circa l’idoneità del materiale probatorio a sostenere l’accusa nel giudizio sarà operata».
Il supplemento di indagini – iniziate nel 2009 – su Ciancio era partito dopo che il gip Luigi Barone, nel settembre del 2012, aveva respinto l’iniziale richiesta di archiviazione da parte della Procura etnea. Chiedendo un ulteriore approfondimento. Barone avanzava dei dubbi sulla linea editoriale del giornale La Sicilia – di cui Ciancio è editore e direttore – nei confronti di Cosa Nostra, sui suoi presunti rapporti con vertici mafiosi e soprattutto sui suoi affari: da quello che sarebbe dovuto diventare l’ennesimo centro commerciale, che si sarebbe chiamato Mito, in contrada Cardinale a Misterbianco, all’Outlet Sicilia Fashion Village ad Agira, fino al progetto del cosiddetto villaggio degli americani: residence per militari statunitensi di base a Sigonella da realizzarsi a fine 2004 a Lentini, in località Xirumi-Cappellina-Tirirò.
Nel frattempo, per la prima volta, una sentenza, quella che ha condannato in primo grado l’ex governatore Raffaele Lombardo a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, parla chiaramente di un Sistema Ciancio. La figura dell’editore, infatti, seppur non indagato in quel procedimento, trova ampio spazio nelle pagine scritte dal giudice Marina Rizza. Che parla degli affari dei centri commerciali e delle varianti di destinazione d’uso – da agricolo a commerciale – per centinaia di migliaia di ettari di terreni. Il giudice tratteggia l’esistenza di quello che viene definito un vero e proprio sistema con al centro grossi affari, politica, imprenditoria e mafia. Gli atti che riguardano Ciancio sono stati trasmessi alla Procura e si sono aggiunti all’inchiesta che lo vede indagato per concorso esterno.
«Sorpresa e stupore», è la replica del legale di Ciancio, l’avvocato Carmelo Peluso. «E’ del tutto evidente – afferma – la stranezza di un mutamento di opinione da parte della Procura, che non ha aggiunto elementi tali da poter spiegare una inversione a 180 gradi della posizione del dott. Ciancio, rispetto alla precedente richiesta di archiviazione. Adesso serve del tempo per esaminare con attenzione e valutare gli atti forniti dalla Procura, rispetto ai quali il dott. Ciancio conferma la sua totale estraneità ad ogni fatto contestato».