Nell'elenco ci sono 18 persone e due società: E.F. e Senesi. Tra gli accusati pure l'ex sindaco Ascenzio Maesano e gli imprenditori Rodolfo Briganti e Vincenzo Guglielmino. Quest'ultimo, attraverso la società di famiglia, avrebbe ottenuto illecitamente l'appalto di raccolta dei rifiuti nel Comune di Trecastagni. Leggi i nomi
Chiuse le indagini dopo blitz Gorgoni ad Aci Catena Le mani dei clan Laudani e Cappello sulla munnizza
I magistrati della procura di Catania hanno notificato l’avviso di conclusione indagini a 18 persone e due società. Sono tutti rimasti coinvolti nel blitz antimafia Gorgoni del novembre scorso. L’inchiesta, affidata ai pubblici ministeri Antonella Barrera e Barbara Tiziana Laudani, aveva tolto il velo su un presunto patto tra mafia, politica e imprenditoria. Una trasversalità a tinte fosche con unico comune denominatore il business dei rifiuti. Allo stesso tavolo si sarebbero seduti i referenti dei clan Laudani e Cappello, l’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano e gli imprenditori del settore rifiuti Rodolfo Briganti e Vincenzo Guglielmino (padre di Giuseppe, già coinvolto nell’inchiesta Penelope, ndr). Titolari, durante il periodo dell’inchiesta, delle società E.F. Servizi ecologi e Senesi, poi finite sequestrate e affidate all’amministrazione giudiziaria.
Gli affari legati alla raccolta dell’immondizia sarebbero coincisi anche con una sorta di pax mafiosa. Il palcoscenico principale di questo malaffare sarebbe stata ancora una volta la cittadina di Aci Catena. Con la gara per l’affidamento del servizio di nettezza urbana contesa tra la E.F. e Senesi. In campo, secondo gli investigatori, sarebbero scesi alcuni pezzi grossi della mafia locale per riuscire a spingere l’allora primo cittadino Maesano verso un accordo con la società di Guglielmino. Il politico catenoto – ormai caduto in disgrazia dopo diverse inchieste, l‘ultima delle quali per il presunto scambio di voti a favore del catanese Riccardo Pellegrino in occasione delle scorse Regionali – avrebbe però sposato la causa di Briganti, beneficiario dell’assegnazione prima temporanea e poi definitiva del servizio. L’imprenditore, originario di Venaria Reale in provincia di Torino oggi accusato di corruzione, avrebbe provveduto a finanziare la campagna elettorale del sindaco con «somme imprecisate di denaro», favorendo anche l’assunzione di alcune persone in azienda su precisa segnalazione. In questo accordo sarebbe entrato in gioco anche il giornalista, anch’egli destinatario dell’avviso di conclusione indagine, Salvo Cutuli. Per la procura Briganti, in cambio, avrebbe chiesto l’annullamento delle penali. Cioè le sanzioni che vengono erogate dai Comuni per le inadempienze nello svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti. Tassello fondamentale per mantenere pulita l’immagine della società, ma anche impedimento per le ditte destinatarie delle multe, in quanto impossibilitate a ottenere proroghe e partecipare ai bandi futuri.
Su questo sfondo, Maesano si sarebbe mosso, usando le parole degli inquirenti, «in maniera disinvolta». Tanto da diventare, stando all’ipotesi dell’accusa, il canale di collegamento tra l’amministrazione e le consorterie mafiose. Gli investigatori durante l’inchiesta ascoltano decine di dialoghi e monitorano anche più di un incontro. Uno di essi sarebbe avvenuto il 17 dicembre 2015, a pochi giorni dalla scadenza dell’appalto affidato alla Senesi. Guglielmino avrebbe voluto inserirsi nell’affare ma, nonostante le presunte rassicurazioni ricevute, rimane tagliato fuori. Tanto che subito dopo sarebbero state pianificate una serie di ripercussioni nei confronti di Maesano, reo di non avere rispetto un presunto patto. «Ora usca coppa», diceva Guglielmino intercettato. A questo punto in scena sarebbe entrato l’altro indagato, Pietro Garozzo, accusato di associazione mafiosa. Responsabile del personale per l’azienda Officine meccaniche, che per il Comune di Catania si occupa della manutenzione del mezzi deputati al servizio di nettezza urbana, Garozzo si sarebbe adoperato per portare avanti gli interessi del clan Cappello e nello specifico del presunto boss Massimiliano Salvo. Il clan etneo avrebbe puntato anche sull’intermediazione del reggente locale della cosca Laudani, Lucio Pappalardo, che nelle settimane successive avrebbero avvertito Maesano delle cattive intenzioni dei catanesi.
A Guglielmino sarebbe andata meglio nell’appalto del Comune di Trecastagni. Secondo l’accusa grazie alla complicità di due funzionari comunali: il capo settore Lavori pubblici Domenico Sgarlato e il collega Gabriele Astuto. Entrambi si sarebbero adoperati per turbare la gara, inserendo nel bando alcune prescrizioni spifferate da Guglielmino, così da favorire la vittoria finale della sua società di raccolta, poi vincitrice dell’appalto. E, come se non bastasse, secondo gli inquirenti allo stesso sarebbero stati affidati anche commissioni extra-bando facendo schizzare in alto i costi. Il favore sarebbe costato, a titolo di controprestazione, l’assunzione di alcuni familiari dei funzionari.
Elenco persone a cui è stata notificata la chiusura delle indagini:
Gabriele Antonio Maria Astuto
Rodolfo Briganti
Salvatore Carambia
Orazio Condorelli
Alfio Cutuli
Pietro Garozzo
Giuseppe Grasso
Vincenzo Guglielmino
Ascenzio Maria Catena Maesano
Alessandro Mauceri
Vincenzo Papaserio
Lucio Pappalardo
Angelo Piana
Fabio Santoro
Luca Santoro
Raffaele Scalia
Davide Scuderi
Domenico Sgarlato
Aggiornamento del 25 luglio 2021
In data 15 luglio 2021, il tribunale di Catania ha disposto l’assoluzione ex art. 530 c.p.p. di Rodolfo Briganti perché il fatto non sussiste.