Il figlio del boss Natale era stato coinvolto in un'inchiesta sul settore delle onoranze funebri. Dopo il processo di primo grado in appello aveva ottenuto l'assoluzione per il reato di associazione mafiosa. II giudici lo hanno ritenuto colpevole di illecita concorrenza con l'esclusione dell'aggravante di avere favorito Cosa nostra
Cherubino, in carcere Andrea Sebastiano D’Emanuele Dopo Cassazione deve scontare la condanna a 4 anni
Arrestato per esecuzione pena. Andrea Sebastiano D’Emanuele dovrà scontare una condanna definitiva a quattro anni. L’uomo, 36 anni, è stato condotto dagli agenti della polizia di Catania nel carcere di piazza Lanza, passati otto anni dall’operazione antimafia Cherubino, risalente al 29 aprile 2010. Procedimento costato a D’Emanuele una ventina di giorni in custodia cautelare in carcere e in cui gli veniva contestata anche l’associazione mafiosa e l’aggravante, per il reato di illecita concorrenza, dell’avere favorito Cosa nostra. Nel primo caso aveva ottenuto l’assoluzione «per non avere commesso il fatto» con la seconda circostanza esclusa dai giudici.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia etnea copriva un periodo d’indagine risalente al triennio 2005-2007. Focalizzata sulla monopolizzazione del settore delle onoranze funebri a Catania. Al vertice il boss di Cosa nostra Natale D’Emanuele, padre di Andrea Sebastiano e cugino del capomafia Nitto Santapaola. Secondo l’accusa, all’epoca dei fatti sostenuta dai magistrati Giuseppe Gennaro e Iole Boscarino, era stata fatta terra bruciata nel settore del caro estinto. Un business da capogiro, che non conosce crisi, con i D’Emanuele che nel 2006 si occuparono di oltre 2000 esequie. Per gli investigatori si era arrivati a numeri del genere anche grazie alla collaborazione di alcuni infermieri ausiliari e addetti all’obitorio dell’ospedale Cannizzaro. Incaricati di indirizzare i parenti dei defunti per le sepolture. In cambio, per ogni segnalazione andata a buon fine, avrebbero ricevuto dei pagamenti di alcune centinaia di euro.
Il processo di primo grado si era concluso il 18 dicembre 2012 con la pena più severa a carico proprio di Natale D’Emanuele, 21 anni. Per il figlio Andrea i giudici della prima sezione penale del tribunale di Catania avevano scelto la condanna a 13 anni. Sentenza poi rivista in corte d’Appello tre anni dopo. È il settembre 2015 e i togati di secondo grado fanno cadere per il patriarca l’aggravante dell’associazione armata. Per il figlio arriva invece l’assoluzione per associazione mafiosa e la condanna a 4 anni per illecita concorrenza. Nelle motivazioni i giudici mettono nero su bianco accuse e dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, compreso l’ex reggente della famiglia catanese di Cosa nostra Santo La Causa. Tutti concordi nell’indicare la famiglia D’Emanuele come intenzionata a creare una sorta di mega consorzio delle pompe funebri.
L’ultimo capitolo della vicenda è quello scritto dalla corte di Cassazione il 15 settembre 2017. Andrea D’Emanuele in passato era stato coinvolto anche nell’operazione antimafia denominata Arcangelo. Nel 2007 finiscono in manette sia il padre di D’Emanuele che altri familiari dei Santapaola. Dal boss in ascesa Angelo Santapola al suocero e al cognato di quest’ultimo. Per D’Emanuele junior, anni dopo, arriverà l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa.