Quaranta educatori Ipab da febbraio non percepiscono più lo stipendio. E non sanno nemmeno come provvedere all'alimentazione dei minori che assistono nella struttura di via Cifali. I sindacati chiedono un colloquio con Stancanelli, finora sempre negato. Fissato per lunedì un incontro tra il direttore dell'ente e la ragioneria del Comune. A disposizione fondi per pagare solo il dieci per cento dei debiti che ammontano a un milione di euro
Centro Regina Elena, da sei mesi senza soldi «Il Sindaco attento al sociale solo a parole»
«Siamo allo stremo. Il Comune non ci paga da sei mesi e non sappiamo come mandare avanti l’istituto e le nostre famiglie». A parlare sono i dipendenti dell’Ipab, istituto di assistenza ai minori Regina Elena di Catania. Quaranta persone tra educatori, assistenti sociali, inservienti e amministratori che questa mattina hanno protestato sotto le finestre di palazzo degli elefanti. Che, nei confronti del centro, ha un debito da un milione di euro. «Dal mese di luglio non fanno altro che dirci “oggi, domani” ma ancora nessuno ha fatto nulla per darci quello che ci spetta – racconta Salvina Stella, dipendente Ipab da 19 anni – Eppure noi continuiamo a lavorare. Non possiamo abbandonare i ragazzi e l’istituto». Quaranta famiglie a rischio e altrettanti quaranta minori stranieri – somali, tunisini, eritrei ed egiziani – ospitati dall’ente a cui oggi manca tutto. «Parliamo di beni di prima necessità» lamenta Giusi Mancini, al Regina Elena da 18 anni. «Ai ragazzi manca la spesa, la colazione la mattina, soprattutto in questi giorni che stanno facendo il Ramadan. Pregano e digiunano. Ma al momento non possiamo dare loro nemmeno un succo di frutta», racconta l’educatrice.
«Non sappiamo come pagare le bollette, la luce, il telefono. E’ una situazione che non potrà andare avanti ancora per molto» le fa eco una collega. «I ragazzi vengono da una situazione difficile e qualunque difficoltà può trasformarsi in un fattore di rischio. La settimana scorsa non sapevamo cosa mettere in tavola. Ci siamo indebitati con gli ingrossi, con il fruttivendolo, con il macellaio. Il Comune non paga e ormai ci hanno chiuso le casse. Non sappiamo più come fare». «Stancanelli non ha a cuore il nostro istituto o quantomeno ha a cuore solo la struttura e vuole destinarla ad altro scopo», commenta Salvina Stella. «Questo signore che si fa chiamare sindaco e il signor Pennisi, che dovrebbe fare l’assessore, non ci vogliono nemmeno incontrare. Rifiutano il dialogo», continua Giusi Mancini. «Ha avuto il coraggio di venire al Centro solo per mostrare la struttura al comandante dei Carabinieri», racconta. «Ma se pensano che ce ne andremo, si sbagliamo», commenta un’altra educatrice. «Stiamo continuando a lavorare anche senza esser pagate. Il Regina Elena è un istituto storico, non permetteremo che venga chiuso».
Per la maggior parte donne forti e agguerrite, gli operatori del sociale a Catania non hanno, quindi, nessuna intenzione di mollare. E chiedono con insistenza un incontro con il sindaco. Intanto, in questi mesi, dagli uffici del Comune non è giunta nessuna risposta. Solo il sentore che la struttura possa essere ceduta per altri scopi. «Un’ipotesi che scongiuriamo», dice Gaetano Agliozzo della Cgil. «Questi educatori protestano e soffrono per i mancati pagamenti del Comune già da un anno. Si tratta di un debito di più di 500mila euro che il Ministero dell’interno ha nei confronti del settore dell’educandato. E, nel caso di Catania, l’amministrazione dovrebbe colmare una cifra pari a circa un milione di euro», spiega. «I lavoratori stanno dimostrando sensibilità e attenzione verso la loro professione e le persone che assistono, continuando a lavorare senza vedere un soldo – aggiunge Stefano Passarello, segretario provinciale della Uil Fpl – Anzi, mi risulta che comprino a loro spese il latte e il necessario ai bambini», continua.
«Noi non vogliamo distruggere le istituzioni ma collaborare con queste, che sono un valore aggiunto ad una società che soffre. Abbiamo chiesto due incontri al sindaco, l’ultimo un mese fa. Ma non abbiamo avuto nessuna risposta. Ora basta, vogliamo essere ricevuti», alza il tono il sindacalista. «Perché la sua sensibilità nei confronti del sociale a parole è un conto, nei fatti è un altro. E non c’è». Intanto a fine sit-in, qualcuno riesce a farsi ricevere. E’ il direttore dell’ente, Vincenzo Serrentino, che ha un breve colloquio con il ragioniere capo del Comune, Giorgio Santonocito, al quale strappa un incontro per lunedì mattina. «Non aveva tutte le carte a disposizione per rispondermi sulla situazione attuale – racconta Serrentino – Ma, rivedendo con attenzione tutti i numeri, lunedì dovrebbe essere in grado di confermarci una prima tranche di fondi. Circa 110mila euro rateizzati, il dieci per cento di tutti i crediti che avanziamo dal Comune. Che certo non risolvono il problema di base ma, distribuiti per le varie necessità, serviranno almeno a sopravvivere».