Centro Nemo Sud, manca solo una settimana alla chiusura Manifestazione dei pazienti contro il silenzio della Regione

Una petizione da firmare on line e una manifestazione, venerdì davanti alla prefettura di Messina, per chiedere che il centro Nemo Sud non chiuda e non vada via dalla città dello Stretto. La struttura d’eccellenza nella cura delle malattie neuromuscolari, centro di riferimento per la Sla riconosciuto dalla Regione sicilianaunico di tutta l’isola prescrittore dei farmaci contro la Sma e speranza per circa cinquemila pazienti – provenienti da Sicilia Calabria – rischia di chiudere i battenti il prossimo 30 giugno. A pagarne le spese, oltre ai cittadini in cura al Nemo Sud, sarebbero circa 50 operatori altamente specializzati, impegnati nella struttura e per i quali da settimane la Uil chiede lumi alla Regione senza tuttavia ricevere rassicurazioni di alcun tipo. 

Il tutto in beffa della dichiarazione fatta dallo stesso governatore siciliano Nello Musumeci che, investito della questione lo scorso 8 maggio, aveva annunciato di aver trovato una soluzione: l’ospedale Papardo di Messina come nuova sede del centro, al posto del Policlinico universitario con cui ormai si era consumato lo strappo. Un’opzione, però, naufragata sul nascere perché non ci sono posti accreditati per la riabilitazione nei padiglioni di contrada Sperone. Quei posti sono a disposizione adesso del Neurolesi Bonino Pulejo che ospiterebbe il Nemo Sud senza problemi. Ma un corto circuito nelle stanze della Regione non ha sciolto di fatto le riserve e così il centro si trova in bilico tra il restare al Policlinico, ma snaturato perché senza il proprio personale e quindi impossibilitato a mantenere l’attuale impostazione multidisciplinare, o trasferirsi all’Irccs

Qui ci sono gli spazi adeguati e anche l’attuale assetto con gli operatori scelti dalla fondazione Aurora onlus. Occorre però, ancora una volta, il placet regionale perché si tratta di un progetto sperimentale di tre anni. Il tempo stringe e il 30 giugno è dietro l’angolo. Stanchi di attendere – e impauriti dal fatto che a decidere siano logiche politiche distanti dal diritto alla salute -, le famiglie e i pazienti in cura al Nemo Sud hanno scelto di manifestare. E il tam tam, che a inizio maggio aveva permesso di raccogliere mille firme in poche ore da inviare al governatore siciliano, si sta muovendo anche attraverso i social. Per difendere l’unico centro multidisciplinare dedicato alle patologie neuromuscolari. Per trovarne un altro ci si deve spingere fino a Napoli. E, nell’eventuale assenza di posti, più su fino a Brescia, Trento, Milano, Roma e Arenzano, nel Genovese.

Lo strappo che porta al conto alla rovescia di questi giorni parte da lontano. Nella primavera del 2019 un’interpellanza parlamentare del Movimento 5 stelle fa sua la denuncia di un medico dello stesso Policlinico, secondo cui i posti letto con cui il Nemo Sud ha aperto nel 2013 sarebbero stati sottratti al reparto di Medicina fisica e riabilitativa, chiuso nel 2009. Segue l’arrivo di una commissione ispettiva regionale e la presa di posizione dell’università che, a quel tempo, si schiera al fianco del centro Nemo Sud. Poi però arriva il Covid-19 e a marzo 2020 il centro deve cedere i locali del padiglione B. Li riottiene in estate, riprendendo l’attività ma, qualche mese dopo, la fondazione Aurora onlus che gestisce il centro scopre che il Policlinico ha deciso la riduzione del carico di assistenza e il trasferimento in un altro padiglione, dimezzando i posti letto da 20 a 10. Anche gli spazi per la riabilitazione subiscono una drastica contrazione.

Il Nemo Sud va avanti, ma non con gli standard di cura che ha sempre garantito. Il canone di affitto resta uguale e nei locali del padiglione B, totalmente ristrutturati dalla fondazione Aurora, viene invece ospitato il reparto di nefrologia. A ciò si aggiunge che la nuova proposta di convenzione avanzata dall’università di Messina non piace ai responsabili della fondazione. Perché manca la parte economica e in più, a differenza della precedente, prevede il coinvolgimento dell’ateneo e l’impiego di personale universitario al posto dei 50 operatori attuali. Ai quali resterebbero due scelte: cassa integrazione o dimissioni.

Il consiglio comunale di Messina ha votato all’unanimità una mozione per spingere il sindaco a intervenire e il governatore Musumeci «a onorare il proprio impegno politico». A intervenire in questi giorni a sostegno del centro è stato il deputato nazionale Pd ed ex rettore dell’università di Messina, Pietro Navarra: «Ricordo una conferenza stampa dell’aprile del 2019 al Policlinico universitario dove tutti gli intervenuti, dai vertici dell’ateneo a quelli dell’azienda ospedaliera universitaria, dai rappresentanti del governo regionale ai parlamentari del territorio, si sperticavano in giudizi lusinghieri sulle attività del centro Nemo Sud, considerato un’eccellenza assoluta. A distanza di due anni sembra che tutti si siano dimenticati di quanto affermato allora». Il dito resta puntato contro la Regione «che a parole promette soluzioni, ma è incapace di fare seguire i fatti». Fino ad avanzare un’ombra: «Forse la spiegazione di questa inerzia potrebbe essere distruggere ciò che di buono c’è nella provincia di Messina e trasferirlo altrove, magari a Catania o a Palermo». 

A fargli eco, anche il Pd regionale che ha presentato oggi un’interrogazione urgente, tacciando la Regione siciliana di «inaccettabile immobilismo». E a invocare «trasparenza su una questione di pubblico interesse che sembra consumarsi sempre e solo a porte sigillate» è invece il movimento Azione, attraverso Eleonora Urzí Mondo del coordinamento regionale, Francesco De Pasquale del coordinamento provinciale, Francesco Italia e Gian Giacomo Palazzolo. Ripercorrendo gli «attacchi continui e certamente non casuali» nei confronti del centro, gli esponenti siciliani del partito di Carlo Calenda si rivolgono infine «a tutti coloro i quali hanno beneficiato di visibilità positiva (tra sfilate e passerelle pre-elettorali), fotografandosi tra i corridoi di quel presidio», chiedendo loro «che diamine abbiano fatto e stiano facendo per evitare la chiusura definitiva».


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