I quattro chilometri della statale 117/bis sono andati alle imprese De Sanctis Costruzioni e Icop. Un esito a cui si è arrivati dopo la revoca alla Ricciardello, in seguito allo scandalo corruzione ai vertici Anas. Le due imprese, però, non sono esenti da accuse
Centrale Sicula, aggiudicato il lotto finito in Dama Nera Ma a lavorare sarà un’altra ditta coinvolta nell’inchiesta
«Speriamo che i lavori vadano avanti spediti. Questa strada è fondamentale, farebbe uscire dall’isolamento un intero territorio». Luigi Bonelli è tra le persone che hanno seguito con più attenzione la notizia della firma, poco prima di Natale, del contratto tra Anas e l’impresa romana De Sanctis Costruzioni per i lavori del lotto B5 della statale 117/bis. La Centrale Sicula che, prima o poi, dovrebbe trasformarsi nella Nord-Sud collegando la costa tirrenica a quella meridionale. Bonelli è il sindaco di Nicosia, il centro in provincia di Enna più vicino ai cantieri. «A gennaio dovrebbero essere consegnati quasi sette chilometri, speriamo che i lavori per questi altri quattro da poco appaltati inizino presto», commenta a MeridioNews.
L’aggiudicazione della gara per il tratto che va dal chilometro 38 al 42 della statale è stata al centro del più eclatante scandalo che ha colpito Anas negli ultimi anni, l’inchiesta Dama Nera sui rapporti illeciti tra l’ex dirigente Antonella Accroglianò e una serie di imprenditori. Una storia di corruzione, pressioni, richieste di assunzioni e indicazioni che, in alcuni casi, avrebbero coinvolto figure vicine ai clan. Ad aggiudicarsi il lotto B5, a cavallo tra il 2014 e il 2015, era stata una delle aziende che fanno capo a Giuseppe Ricciardello, imprenditore di Brolo, piccolo centro del Messinese di cui è sindaca la figlia Irene. Ricciardello – che è attualmente a processo, mentre Accroglianò ha patteggiato una pena a quattro anni e quattro mesi – per la procura di Roma chiese l’intercessione della dama nera per far sì che Anas mettesse a disposizione dei fondi da usare in sostituzione di quelli che la giunta regionale siciliana, all’epoca guidata da Rosario Crocetta, aveva trasferito per finanziare misure sociali anziché la quota di compartecipazione per la Centrale Sicula. Una decisione che, di fatto, aveva congelato l’appalto, portando Accroglianò e Ricciardello ad attivare canali politici per rivederla.
Le cose, però, andarono a rotoli. Da lì a cinque mesi, infatti, il maxiblitz della guardia di finanza avrebbe scoperchiato il pentolone dove da anni bollivano i rapporti illeciti. In seguito a quell’inchiesta, i vertici di Anas hanno revocato l’aggiudicazione a Ricciardello che, dopo avere tentato senza successo la strada della giustizia amministrativa, non ha più ripreso in mano l’appalto. L’imprenditore si è dovuto accontentare dei lavori sul lotto B4/b, quello in via di completamento. Per il B5, invece, si è dovuto attendere il mese scorso per la riaggiudicazione della gara alla seconda in graduatoria: la De Sanctis Costruzioni.
«L’aggiudicazione è avvenuta dopo previe verifiche di legge sull’offerta, effettuate con esito positivo», fa sapere Anas. La società romana, tuttavia, non è esente da ombre. I vertici – Girolamo De Sanctis, di recente uscito dall’organigramma, e la figlia Francesca – sono stati coinvolti proprio nella stessa inchiesta che ha colpito Ricciardello. «Le contestazioni sono diverse e nulla hanno a che vedere con la statale siciliana», taglia corto Francesca De Sanctis al telefono. E in effetti è così: i due imprenditori romani sono a processo per induzione indebita a dare o promettere utilità, in quanto si sarebbero mostrati disponibili a seguire le indicazioni di Accroglianò per un appalto in Calabria. La dama nera aveva chiesto loro l’assunzione di alcuni operai e suggerito una ditta a cui affidare un subappalto. Una scelta, quest’ultima, che avrebbe garantito alla De Sanctis Costruzioni la protezione del cantiere. «Fidatevi, vi fate fare tutte le opere che può fare, e vi sta vicino lui», sono le parole di Accroglianò. Che poi, consapevole che a garantire la serenità sarebbe stato un imprenditore con precedenti alle spalle, raccomandò agli interlocutori di non badare alle dicerie: «Non sentite nessuno, commenti o cose, perché se uno comincia a sentire gente…».
Quella di Roma non è l’unica grana giudiziaria che sta vivendo la De Sanctis. A Sassari, infatti, Girolamo rischia il processo per turbativa d’asta nell’inchiesta Appaltopoli, che tra il 2015 e il 2016 scosse la Sardegna coinvolgendo politici regionali, professionisti e imprenditori intenti a condizionare e spartirsi le gare bandite da Anas. L’80enne Girolamo De Sanctis fu arrestato ad aprile 2016 nel secondo troncone dell’inchiesta e oggi attende la decisione del gup di Sassari, che a febbraio dovrà esprimersi sulla richiesta di rinvio a giudizio. L’imprenditore è accusato di avere messo a disposizione fino a 800mila euro – 30mila contenuti in contanti in una valigetta e la rimanenza da ricavare tramite fatture per operazioni inesistenti – per pagare i funzionari che avrebbero gestito la gara per un lotto della Sassari-Olbia. Oltre al denaro, De Sanctis avrebbe messo sul piatto anche la disponibilità a coinvolgere operai e imprese locali segnalate dai politici sardi. Per questa indagine, a novembre del 2017, la prefettura di Roma, su richiesta dell’Anac, ha applicato all’impresa la misura del sostegno e del monitoraggio nominando un’avvocata per affiancare gli imprenditori, con l’intento di favorire il «recupero della credibilità dell’intera azienda, anche a garanzia della legalità di tutti gli altri appalti pubblici eventualmente in corso o che saranno aggiudicati in futuro alla società».
A operare in Sicilia con la De Sanctis Costruzioni sarà la Icop di Basigliano, in Friuli. L’impresa, di proprietà della famiglia Petrucco, è tra quelle toccate dall’inchiesta sui lavori per il Tap. Andando a ritroso nel tempo, il nome Icop, lo si trova nelle carte parlamentari riguardanti la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex senatore democrristiano Giovanni Di Benedetto. Nel documento, risalente a marzo ’93, in piena Tangentopoli, sono riportate le dichiarazioni che Paolo Petrucco, padre dell’attuale presidente del cda Vittorio, fece ai magistrati raccontando il fiume di soldi che negli anni Ottanta aveva versato per garantirsi alcuni lavori in Friuli. Come quello per il rifacimento del Ponte della Delizia, in uno dei luoghi simbolo della Prima guerra mondiale. Anche in quel caso a bandire la gara era stata Anas.
AGGIORNAMENTO: Antonella Accroglianò ha patteggiato nel 2019, con conseguente espiazione della pena terminata il 13 marzo 2024.