Cento anni fa nasceva il Pci. Che tristezza pensando a cosa si è perso!

DAL 1921 A MATTEO RENZI, PASSANDO PER LA PARABILE DISCENDENTE DI ENRICO BERLINGUER CHE HA CONDOTTO QUELLO CHE E’ STATO UN GRANDE PARTITO NON SULLA STRADA SENZA RITORNO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA, MA SULLA STRADA DELLA NEGAZIONE DI SE STESSO E DELLA STESSA RADICE COMUNISTA DELLA SUA STORIA

di Pietro Ancona

Il Pci è nato in anni di tragedia. La tragedia ha segnato per molti molti anni la sua storia, la sua temperie culturale e sociale. Nasce per scissione dal Psi nel quale la sinistra non poteva più stare per l’eccesso di realismo e di collaborazionismo con il governo dei riformisti che ne avevano il controllo.
Anche la Confederazione del Lavoro era della partita e Rigola, il segretario generale della stessa Confederazione aveva fatto un accordo con il governo con il quale sconfessava l’esperienza dei Consigli di Fabbrica. Gli operai subivano nelle fabbriche il contraccolpo del fallimento della linea rivoluzionaria che ebbe anche momenti di autogestione della produzione alla Fiat.
Nel Paese dilagavano le squadracce fasciste che distruggevano e devastavano le Camere del Lavoro, le Cooperative, le Case del Popolo. Non sarebbero passati due anni ed avremmo avuto la marcia su Roma e la presa di potere di Mussolini per volontà della monarchia e di quelli che oggi si chiamerebbero poteri forti.
Nel mondo crescevano le tensioni sociali e politiche conseguenti alla fine della prima guerra mondiale ed alle sue terribili distruzioni di risorse umane e civili. In Germania l’esperienza spartachista di Rosa Luxemburg era stata sconfitta dal governo socialdemocratico. Rosa fu imprigionata dal Ministro socialdemocratico degli interni ed uccisa a colpi di calci di fucile in testa testa. Il suo corpo fu straziato per le vie di Berlino. Il movimento comunista a cui aveva dato vita decimato. I capi gli attivisti uccisi o imprigionati per molti anni di galera.

La Russia rivoluzionaria dell’ottobre 1917 era diventata URSS, ma era ancora invasa da oltre un milione di soldati di tutti i Paesi capitalistici compresa l’Italia. Solo dopo anni di durissima guerra il Partito Bolscevico riuscì a recuperare l’integrità della Patria. Il contesto giustificava pienamente la nascita del Pci come Partito della classe operaia alternativo alla classe borghese ed al suo potere di classe. Non c’era nessuna speranza di condizionare dall’interno il Psi come oggi non c’è nessuna speranza nel PD di condizionare dall’interno Renzi e la sua maggioranza. La deriva a destra del Psi di allora sebbene contrasta con una corrente massimalistica era nelle cose…

Il destino del gruppo dirigente comunista eletto a Livorno fu molto duro. A cominciare da Gramsci avrebbero subito le sentenze del tribunale speciale, ovvero il carcere. Molti sarebbero stati costretti all’esilio, altri il confino. Anni ed anni di prigione sarebbero stati scontati da persone come Terracini, Amendola e tantissimi altri dirigenti del Partito.

Il Pci mantenne viva la fiaccola della libertà durante tutto il periodo fascista. Avrebbe continuato la sua attività, avrebbe collaborato con la Terza internazionale, non avrebbe mai piegato la testa davanti la dittatura,. In Italia durante il ventennio visse una vita sotterranea e ci furono anni di consenso popolare al fascismo che facevano sembrare ancora più duro o addirittura inutile il sacrificio della galera o del confino.

Fino al ventesimo congresso del 1956 il Pci è stato un Partito capace di esprimere una giusta politica comunista a livello internazionale ed interno. Dopo il ventesimo congresso il tarlo del dubbio relativo al comunismo realizzato da Lenin e sopratutto da Stalin è diventato revisionismo. Il revisionismo ha avuto la sua massima espressione politico-ideologica in Enrico Berlinguer che con la teoria del compromesso storico e dell’esaurimento della spinta propulsiva del socialismo avrebbe dirottato un grande Partito di due milioni di iscritti e dieci milioni di elettori, il più grande Partito comunista dell’Occidente, sulla strada senza ritorno non della socialdemocrazia, ma della negazione di se stesso e della stessa radice comunista della sua storia.

Da Berlinguer siamo giunti a Renzi. Un grande Partito che aveva dalla sua parte la classe operaia più colta del mondo  – che aveva detenuto per anni una grande egemonia sulla cultura italiana che era l’essenza stessa della democrazia praticata in migliaia e migliaia di sezioni, fucine di civiltà democratica vera – ora è ridotto al sostegno di governi antioperai. E’ diventato assai peggiore dei riformisti socialisti dai quali si staccò nel 1921, ha tolto ai lavoratori tutti i diritti conquistati negli anni della grande riscossa sindacale ed operaia, è assolutamente incapace di sostenere non solo i diritti sociali, ma anche quelli civili.
Insomma il PD di oggi è una mera agglomerazione elettorale vagamente democratica e disponibile, pur di stare al governo, di inghiottire senza battere ciglio qualsiasi rospo. Credo che andrà avanti con Renzi verso la negazione totale della sua identità che oramai non c’è più.

Il tempo che stiamo vivendo non ha le connotazioni tragiche degli anni Venti del secolo passato, ma è inquietante per lo squilibrio che si è creato nel mondo a vantaggio dell’imperialismo USA che fomenta guerra ed aggressioni e tragedie. Non sappiamo che cosa succederà, ma è certo che il potere dei banchieri di Wall Street è diventato enorme e che interi popoli vengono dato un pasto ai Roschshild ed ai Rochefeller.

L’Italia non è mai stata tanto sottomessa allo straniero. E’ come se avessimo perduto una guerra. Abbiamo perso sovranità monetaria, militare ed etica. Ma il PD non è impegnato a recuperare l’autonomia e la sovranità dell’Italia. Ha perduto se stesso nella retorica europeista ed atlantista,. Non è più niente e certamente viene disprezzato da coloro che ieri temevano il Pci italiano…


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