Sequestrata nel '98, l’azienda ha goduto sempre di buona salute ma recentemente la situazione è cambiata. Da qui la necessità di espandere il raggio d’azione della società che fino a oggi si è occupata della produzione di marmi. Paolo D'anca: «Chiediamo di incontrare l’Agenzia per mettere nero su bianco i dettagli del progetto»
Cava Billiemi, si apre al recupero di rifiuti inerti «Accelerare riconversione per tutela lavoratori»
Dopo anni in amministrazione controllata, la cava Billiemi di Palermo dal 28 settembre rilascerà i terreni in affitto in vista della trasformazione in un impianto per il recupero dei rifiuti inerti non pericolosi. anche se l’attuale produzione non cesserà nell’immediato. Sequestrata quasi vent’anni fa, l’azienda ha goduto sempre di buona salute ma recentemente la situazione è drasticamente cambiata, anche a causa della crisi che ha colpito il settore edile. Da qui la necessità di espandere il raggio d’azione della società che fino a oggi si è occupata esclusivamente della produzione di pregiati marmi e di inerti. Una scelta obbligata, in un certo senso, che si lega anche al destino dei terreni dove sorge attualmente la cava. A settembre, infatti, l’area dove opera l’azienda dovrà essere restituita ai legittimi proprietari e i macchinari utilizzati per l’estrazione saranno trasferiti in un altro luogo, ancora da individuare, come spiega il presidente del consiglio di amministrazione nominato dall’Agenzia dei beni confiscati, l’avvocato Giovanni Chinnici.
«Il sequestro della cava Billiemi è avvenuto nel 1998, mentre la confisca definitiva nel 2007 – racconta – È evidente che si tratta di un’azienda sana, per oltre vent’anni in amministrazione controllata. Anche tenendo conto del ciclo di vita delle imprese della stessa filiera, da molti anni opera a pieno regime. Sotto questo profilo è riuscita a stare molto bene sul mercato, e le difficoltà che vive oggi la società sono le stesse per l’intero settore che risente del procedere a singhiozzo dei lavori pubblici. Approssimandosi la fine di questo ciclo industriale, il consiglio di amministrazione ha iniziato ad aprirsi a un’attività completamente nuova, il recupero di rifiuti inerti dalla demolizione dei fabbricati riutilizzati, destinato ad esempio alla realizzazione delle strade. Potremmo definirlo un nuovo ramo d’azienda che assicurerà un buon futuro industriale al di là di quelle che sono le attuali previsioni».
Attualmente, l’azienda impiega 13 dipendenti, dei quali quattro amministrativi e, nel progetto previsionale, saranno tutti inseriti. Non è ancora detto che il progetto di riconversione diventi in futuro l’attività esclusiva dell’azienda: «Il ramo attuale che riguarda la produzione di marmi e inerti potrebbe proseguire – chiarisce – c’è la prospettiva di trasferire tutti macchinari in un altro sito di proprietà erariale». L’impianto di trattamento e relativi macchinari per il recupero degli sfabbricidi devono essere acquistati e il budget per l’investimento è top secret, mentre ancora non si conosce la nuova destinazione, fondamentale per la prosecuzione dell’attività estrattiva: «Il trasferimento avverrà a settembre e siamo in attesa che venga rilasciata l’autorizzazione mineraria su altri terreni di proprietà dello Stato – rivela – Ci auguriamo di avviare il nuovo ciclo produttivo entro la fine dell’anno ma poiché si tratta di una società confiscata, come previsto dalla normativa antimafia, la scelta definitiva spetta all’Agenzia».
Un progetto di rilancio che dovrebbe garantire un futuro più solido alla società e al personale anche se rimangono diversi interrogativi sull’iter di riconversione che preoccupano i sindacati. «L’azienda ha ottenuto a marzo di quest’anno l’autorizzazione per la costruzione dell’impianto e a fine settembre si procederà al rilascio dei terreni – afferma il segretario generale degli edili della Cisl di Palermo e Trapani Paolo D’Anca -, ma l’unico modo per tutelare sia i posti di lavoro sia il patrimonio erariale è quello di procedere alla riconversione aziendale. Il nostro timore e che rimangano sono belle idee. Per questo chiediamo di incontrare l’Agenzia dei beni confiscati per mettere nero su bianco i dettagli della conversione industriale. Il nostro timore è che la burocrazia metta a repentaglio il futuro dei lavoratori e che passi un messaggio sbagliato che quando si opera legalità non ci sia futuro. La cava Billiemi è stato ed è un pregevole esempio di legalità produttiva – conclude -, sarebbe una sconfitta vanificare questo importante risultato raggiunto».