Moratti e meritocrazia: si discute ancora

Si continua a discutere tra le pagine della Tribù di Zammù. Il discorso che Giulietta Romeo, in qualità di rappresentanti degli studenti, ha pronunciato sabato scorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico non è piaciuto a molti , mentre è difeso dai compagni di partito. L’ultimo, interessante, botta è risposta è quello tra Massimiliano Giammusso, Consigliere d’Amministrazione e Presidente di Alleanza Universitaria, e il proff Attilio Scuderi, docente della Facoltà di lingue.

Vi riportiamo di seguito i due interventi.

Massimiliano Giammusso

Salve a tutti sono Massimiliano Giammusso, Consigliere d’Amministrazione (quindi collega di Giulietta Romeo) e Presidente di Alleanza Universitaria.

Non sono un grande frequentatore di forum quindi vi chiedo scusa anticipatamente per le difficoltà che sicuramente incontrerò nel parteciparvi.

Intervengo in merito all’indirizzo di saluto operato da Giulietta Romeo durante la recente Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico per precisare alcuni aspetti.

La rappresentatività di Giulietta Romeo è tale in quanto Giulietta è Rappresentante degli Studenti, quindi eletta dagli stessi, in seno ad un importante organo di governo dell’ateneo quale appunto il consiglio d’Amministrazione. Tale rappresentatività, come ha giustamente fatto notare Mario Cicala, non le deriva da nessuna appartenenza politica, ma dall’aver ricevuto appunto mandato dagli studenti a rappresentarli.

Giulietta è stata inoltre designata all’unanimità dai rappresentanti degli Studenti in Consiglio d’Amministrazione (ai quali spetta la decisione) come loro portavoce per la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, con il compito di redigere l’indirizzo di saluto.

Il discorso di Giulietta, del quale io come Consigliere d’Amministrazione ero ovviamente a conoscenza, è stato consegnato al Comitato Organizzatore della manifestazione una settimana prima della cerimonia e messo a disposizione di qualunque rappresentante degli studenti di buona volontà che avesse voluto concordarne le modifiche ritenute opportune.

Ritengo che tale discorso non sia stato né fazioso, né men che meno una difesa d’ufficio del ministro Moratti, a cui Alleanza Universitaria ha riservato non poche critiche sui punti della Riforma che non la soddisfacevano.

Tale discorso ha espresso il punto di vista di un legittimo rappresentante degli studenti, che fotografando la situazione del mondo universitario nel breve tempo concessole, ha toccato vari punti riscuotendo pressocchè unanimi consensi su argomenti come il vero significato dell’autonomia amministrativa, il rapporto tra sedi decentrate e territorio, la perdita di valore del titolo di laurea, il fallimento della Riforma del 3+2 voluta dall’allora ministro Zecchino (ritenevamo non ci fosse bisogno di specificarlo ma Pinella Leocata confondendosi ci ha convinto del contrario).

Le feroci critiche al discorso di Giulietta sono state spese sul concorso unico nazionale. E ciò ci costringe a riflettere.

Noi partiamo da un presupposto: l’università italiana ha purtroppo spesso e volentieri dovuto abdicare al ruolo di centro di guida culturale e scientifico per via di un’organizzazione che ha permesso la nascita e il perdurare di una casta di intoccabili docenti universitari, cosiddetti “baroni”, il cui unico strumento di selezione e avvio alla professione altro non è che la cooptazione da parte del docente già di cattedra. Un sistema che ha impedito il necessario ricambio generazionale e allontanato dall’insegnamento figure qualificate ma sprovviste dell’amicizia del barone di turno. Ebbene noi non sappiamo se il concorso unico nazionale, liberando la docenza dalle influenze del barone locale, potrà risolvere questa situazione, ma se si tratta di un tentativo di instaurare un principio che dovrebbe permeare la realtà universitaria per gli studenti ma, oseremo dire a maggior ragione, anche per i docenti, ovvero il principio della meritocrazia, allora non potrà che vederci favorevoli. Indipendentemente, lo abbiamo già detto, da quale potrà essere il risultato effettivo. Chi è più bravo vada premiato: questo è ciò che chiediamo!!! Chi non è capace faccia un altro mestiere. Anche se porta lo stesso cognome del prof di cattedra. Noi siamo per la meritocrazia, e il concorso unico nazionale ci vede favorevoli se riesce a dare un segnale in questa direzione. Poi se su altri argomenti, come prima sostenuto, abbiamo da contestare non ci tiriamo e non ci siamo tirati mai indietro.

Per quanto riguarda il “cosiddetto” Diritto allo Studio, nessuno è più consapevole di noi del suo essere tale, visto che l’attuale legge regionale sul (appunto) Diritto allo Studio, che ha permesso alla nostra isola di colmare una vergognosa lacuna normativa, nasce da un progetto di legge di Alleanza universitaria di Catania. Il che non significa che non sia una legge migliorabile. L’utilizzo del “cosiddetto” nel discorso di Giulietta nasce per indicare tutta la serie di provvedimenti che vanno tutti sotto il nome di provvedimenti per il Diritto allo studio. Nessun giudizio qualitativo con quel cosiddetto, e men che meno di valore negativo (sarebbe ridicolo da parte di studenti universitari).

Vorremmo infine soffermarci, anche se sappiamo questa non essere la sede più adatta, sull’articolo di commento apparso su “La Sicilia” a firma di Pinella Leocata. Quello si di chiara matrice politica, tanto da etichettarci come morbidi in quanto studenti di Centro Destra (siamo geneticamente diversi?), scritto senza tenere nel minimo conto gli sforzi compiuti dai rappresentanti degli studenti per portare avanti le istanze di chi studia, senza conoscere la realtà universitaria e con errori di fondo che ne denunciano la superficialità (ricordiamo che la riforma del 3+2, che noi per la cronaca ferocemente contestiamo, è la stessa che porta il nome di Zecchino). Peccato ci sarebbe piaciuta una effettiva analisi su ciò che abbiamo espresso da rappresentanti degli studenti piuttosto che una analisi sulla nostra morbidezza. Per non parlare poi del patetico articolo di commento al discorso di un Rettore che invece di pensare a gestire l’Ateneo ne ha fatto una sacca clientelare a cui attingere per la sua carriera politica extra universitaria. Scusate abbiamo abbandonato per un attimo la nostra proverbiale morbidezza, ma noi la politica latteriana ossequiosa e inginocchiata di fronte alle esigenze politiche rettoriali del momento l’abbiamo sempre contestata. Anche quando il Nostro militava in Forza Italia e pronunciava quei discorsi saggi della cui saggezza amministrativa la Leocata si accorge stranamente solo ora. Una saggezza amministrativa che noi, da Consiglieri d’Amministrazione, ci sentiamo di smentire

Mi scuso per l’eccessivo dilungarmi, e ringrazio voi tutti per la cortese ospitalità

Massimiliano Giammusso
Consigliere d’amministrazione Università di Catania
Presidente di Alleanza Universitaria

 

Prof. Attilio Scuderi

Gentile Redazione,

  intervengo – spero brevemente – sulla polemica sollevata dal discorso della rappresentante degli studenti all’inaugurazione dell’Anno  Accademico. Non entro nel merito del dibattito tra gli studenti, non mi compete; e mi pare chiaro che sia mancato – per colpa di nessuno o di tutti, poco giova stabilirlo – un sufficiente coordinamento tra gli stessi, che forse – chissà – avrebbe potuto portare a posizioni più articolate o condivise. Ma non è questo il punto. Vorrei rispondere all’intervento dello studente Giammusso, presidente di Alleanza Universitaria, il quale richiama un binomio che è un pò il cavallo di battaglia – ho sentito parlare su questo più volte anche la presidentessa nazionale di Alleanza Universitaria – dell’organizzazione che rappresenta. Il binomio è: “Moratti=meritocrazia”. A sostegno di tale tesi si porta la introduzione del concorso nazionale, quale meccanismo caace di scardinare il cancro del sistema baronale italiano.

 Gentile Giammusso, mi spiace contraddirla, ma basterebbe leggere con più attenzione il testo realmente licenziato dal Consiglio dei Ministri per capire che purtroppo non è così. Le spiego perchè. Il modello del concorso nazionale – tradizionalmente considerato il modello francese e centralizzato di accesso alla carriera universitaria – funziona bene se esso è realmente e autonomamente gestito al di fuori dalla pressione e dalle mediazioni con i baronati universitari. I baronati universitari in Italia si organizzano anche – ma non solo – attraverso i settori scientifico-disciplinari (cui ogni materia che si studi nelle nostre università appartiene e pertiene). Cosa fa in tale contesto la Moratti?

A) Introduce il concorso nazionale, ma stabilendo una quota di posti annuali per ogni settore sulla base delle indicazione della facoltà. Primo errore: il concorso per essere realmente libero dovrebbe prevedere un accesso libero senza quote contrattate dalle facoltà e dai settori (cui le facoltà si rivolgono per garantire il loro candidato al concorso). Non c’è meritocrazia possibile se a stabilire le quote di accesso alla docenza sono coloro di cui si temono appetiti e scorrettezze (le facoltà, dunque, tacciate di provincialismo per l’applicazione dei concorsi locali). Ma non è finita qui.

B) Il DDL Moratti introduce un secondo livello di valutazione dopo il concorso nazionale (che è derubricato a semplice, badi bene, “idoneità nazionale”). Questo secondo livello, detto “locale”, è gestito interamente da Atenei e Facoltà, i quali indicono una valutazione comparativa cui possono partecipare solo gli idonei ed in cui – in totale, e forse “eccessiva” in tal caso, autonomia – essi  scelgono integralmente i criteri per l’immissione in ruolo. Questo secondo livello è non solo un mostro giuridico (perché stabilisce che le Università formulano criteri di accesso alla docenza che possono essere radicalmente distinti, da Trieste a Catania, elemento che dovrebbe toccare un’organizzazione come la vostra che vuole una “alleanza della nazione”). Questo secondo livello è la dimostrazione della sudditanza radicale del progetto Moratti a logiche di baronato, e ciò secondo la quasi totalità dei docenti dell’università italiana. Piaccia o meno. E non per una questione ideologica, ma logica. Infatti,

C) La macchina burocratica – alla faccia delle semplificazione! – immaginata dalla Moratti fa lievitare i costi del nostro sistema concorsuale, è un dato di fatto. Sa cosa dice la Moratti in proposito? Dice che gli Atenei devono autofinanziare il sistema dei concorsi e che questo non è più un problema dello stato centrale.

Qui la questione tocca il suo nodo cruciale. Il sistema dei concorsi voluto da questo governo non è solo farraginoso, aperto a influenze e interferenze, come se non più di quello passato; esso è anche immaginato per l’ennesima volta, a costo zero. Rimangono tutti i nodi strutturali della nostra università, su cui lei, gentile Giammusso, nulla dice: sottofinanziamento del sistema della ricerca e dell’alta formazione italiano (meno dell’1 % del PIL, contro una media europea del 2,5% circa); anzianità assurda dei nostri docenti (Step 1 ha divulgato recentemente i dati di una ricerca ben eloquente su questo); rapporto docenti/studenti indegno di un paese civile (1/29 contro 1/13,5 della media europea); situazione strutturale (edilizia, laboratori, aule) di grave fatiscenza (siamo nei dati Eurispes insieme a Grecia e Portogallo). Vogliamo continuare a parlare della riforma Moratti? ma dov’è questa riforma? Qui c’è solo un compromesso di bassa lega che lascia immacolati i problemi veri. C’è l’annuncio di una riforma, nello stile – forse non le piacerà sentirselo dire, dato che lei è in campagna elettorale – nello stile di questo governo.

Proviamo a discutere dei problemi veri, senza tessere di partito – siano queste di destra o di sinistra – che pesino sulle coscienze di nessuno. I cinque anni della Moratti sono stati un disastro per l’Università italiana. Questo non è uno slogan, ma una constatazione di fatto, che nei corridoi tutti – siano di destra o di sinistra, studenti o docenti – ammettono.

Ma ora c’è la campagna elettorale.

Mi piacerebbe incontrarla dopo il 10 aprile, dunque, per parlare con lei di questi argomenti:

Cordialmente,

attilio scuderi

p.s.: povera Milano!

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